La sagra di Caria raccontata da Corrado L’Andolina

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Talvolta, quando si parla di sagre, si utilizza un tono sussiegoso, malcelato da un sarcasmo quasi sempre fondato sull’ignoranza (non di matrice socratica). Per organizzare una sagra servono sacrifici consistenti. Un lavoro che si protrae per giorni e giorni. Occorre pensare a tanti adempimenti. Serve un coordinamento, un’organizzazione capillare e una disponibilità ai limiti dell’immolazione. Ad essere sacrificato, quasi sempre, un periodo rilevante delle ferie estive. Per allestire una sagra occorre pensare all’aspetto culinario, a quello delle strutture ospitanti, alla pubblicità e così via. Insomma, le chiacchiere da salotto sono da tutti, l’allestimento di una sagra decisamente no! La “sagra della sujaca” di Caria è una delle più longeve della provincia. Ben trentacinque edizioni senza soluzione di continuità. Ma ciò che la connota positivamente, è il perfetto mix dell’apporto umano. Le persone di esperienza provvedono alle incombenze che richiedono una certa maestranza e i giovani eseguono i lavori per i quali è richiesto maggiore dinamismo: pubblicità e servizio agli utenti. Un’altra caratteristica, l’ampia partecipazione popolare all’evento. Sono tante le famiglie che grazie al loro apporto contribuiscono a mantenere viva questa tradizione. E poi, traspaiono lucenti e tangibili: passione ed entusiasmo. Una passione che deriva dall’orgoglio dell’appartenenza; un entusiasmo che si evince, invece, dal meccanismo di identificazione comunitaria verso un appuntamento connotato da positività. Sacralità e laicità si fondono alla perfezione. Occorre in tal senso ricordare che la sagra si svolge il 6 agosto, nel giorno del patrono del paese, San Salvatore. Ad arricchire tale connotazione, mai ostentata ma presente nelle coscienze dei cariesi, il sentimento della condivisione di un momento caratterizzato da operosità e lavoro. Gli organizzatori della sagra non dichiarano marcati intendimenti culturali. Ma va sottolineata la loro capacità di stare insieme. In tal senso, la sagra della sujaca è una delle più alte e significative espressioni della cultura popolare locale. Tanto più se si considera che ogni partecipante ricollega alla kermesse, sorrisi e momenti che appartengono alla propria sfera dei ricordi più intimi, quelli di cui si nutre l’umanità di ogni bambino, ragazzo o adulto. Per la cronaca, la sagra dello scorso martedì, organizzata da un apposito comitato, ha registrato un’ottima affluenza di pubblico; generalizzata la soddisfazione tra gli astanti. Apprezzati, in particolare, i fagioli cucinati nel coccio di terracotta. Suggestivo, come sempre il ballo di corteggiamento tra i Giganti, Mata e Grifone. Allegorico e divertente il rito della “cameiuzza i focu”. Coinvolgente il concerto della band “Gioia popolare”. La sagra della sujaca è la riprova di una verità inoppugnabile: le cose belle vivono nell’umiltà.

Corrado L’Andolina

Pubblicato su L’ora della Calabria il 9 agosto 2013

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