RICEVIAMO e PUBBLICHAMO:
Il rapporto dell’Istat diffuso ieri, disegna un Paese sempre piu’ in difficoltà e sempre più in affanno. I valori in termini percentuali delle varie categorie di persone in difficoltà nel 2012 sono in modo spropositato aumentati, tanto che rispetto al 2008 si registra quasi un milione di poveri assoluti in più. Entrando nel dettaglio del rapporto, risulta che quasi la metà dei poveri vive al sud. Tra le persone che vivono in miseria, poco più di un milione sono minori, 730mila anziani, un milione e 500mila membri di famiglie operaie e 750mila componenti di famiglie con a capo una persona disoccupata. Sono dati che disegnano una realtà tristissima e non lasciano spazio a commenti, chiamando le istituzioni e le forze politiche e sociali ad una precisa quanto forte assunzione di responsabilità. Anche perché il rapporto in questione essendo riferito allo scorso anno non può per ovvi motivi tenere conto dell’attualità, e cioè dell’ulteriore regresso che in questi primi sette mesi del 2013 il sistema produttivo nazionale e del Mezzogiorno in particolare ha registrato, accrescendo ulteriormente il livello di allarme sociale. Il ministro del lavoro, commentando i dati, ha ricordato che il decreto lavoro finanzia un intervento contro la povertà assoluta che consentirà di raggiungere più di duecentomila famiglie, facilitandone la loro inclusione sociale. Le risorse stanziate sono pari a 167 milioni di euro che si aggiungono ai 50 milioni di euro con cui e’ stata finanziata la sperimentazione della nuova social card già in corso nelle dodici città più grandi del paese. Il programma verrà esteso a tutto il Mezzogiorno e ogni famiglia in difficoltà potrà ottenere fino a circa 400 euro mensili in base al numero dei componenti. Il provvedimento così come pensato, se attuato in tempi celeri, darà ossigeno ad un po’ di famiglie in difficoltà ma non può essere risolutivo del problema. Particolarmente difficile, poi, si appalesa la realtà della nostra regione e, in essa, della”derelitta” provincia di Vibo Valentia. La drammaticità dei dati forniti dal rapporto Istat, il gap infrastrutturale che ci distanzia nettamente dal resto del Paese rendendo di fatto impraticabile qualsivoglia percorso di rilancio socioeconomico, gli innumerevoli focolai di disperazione per il lavoro che manca o che si perde, la morsa stritolante della criminalità organizzata che avviluppa sempre più le nostre comunità, sono i sintomi evidenti di una malattia che, in mancanza di adeguate contromisure, potrebbe rivelasi letale per la nostra regione. A tutto ciò si aggiunga lo stato di evidente crisi, ed il senso di impotenza che ne consegue per chi si trova a rappresentarla, della pubblica amministrazione ed in particolare degli enti locali. Sottoposti ai reiterati tagli dei dei governi che si sono succeduti, gli enti locali da tempo non riescono a garantire più non solo servizi e prestazioni essenziali ma finanche interventi di ordinaria amministrazione e dell’importo di poche decine di euro. Senza trascurare che è ormai “prassi consolidata” di quasi tutti i comuni pagare gli stipendi al proprio personale con diverse mensilità di ritardo. Di fronte a questo stato di cose occorre, oggi più che mai, uno scatto d’orgoglio degli amministratori locali. È necessario infatti, superando logiche d’appartenenza partitica e campanilismi, fare fronte comune per fronteggiare con “soluzioni straordinarie” le gravissime difficoltà del momento. Urge, a mio modesto parere, la creazione di un coordinamento operativo e permanente tra gli amministratori locali capace di parlare una sola lingua, che è quella delle priorità di intervento di cui necessitano i nostri territori, e su questa piattaforma avanzare “proposte” più che “richieste” ai livelli istituzionali superiori della Regione e del Governo nazionale. Occorre agire in fretta, mettendo in campo in modo compatto la forza delle istituzioni locali e chiamando a sostegno l’intera deputazione parlamentare calabrese per chiedere ad una sola voce interventi strutturali qualificati ed efficaci. I soli, credo, capaci di arginare la deriva sociale di una regione come la nostra che sempre di più da’ preoccupanti segnali di cedimento definitivo con tutti i rischi per i “livelli minimi di legalità” che ne derivano. Da parte dell’Udc, il partito che rappresento, la disponibilità assoluta a rendersi soggetto attivo per l’elaborazione di un modello organizzativo unitario delle autonomie locali vibonesi e calabresi che, recependo il grido di dolore che con crescente intensità si leva dai territori, sappia finalmente individuare proposte e soluzioni capaci di ridare speranza e dignità al popolo calabrese.
Giuseppe Barilaro, Commissario UDC provincia di Vibo Valentia
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