“‘A Madonna nostra”, così, con sentimento d’amore e di filiale affetto, nei tempi passati veniva indicata la Madonna delle Grazie della Gornella.
Su un piccolo poggio panoramico, ai piedi del grande ponte in pietra della ferrovia, in vista della città di Tropea, sorgeva un’edicola votiva (’u Palastru), semplice di fattura e dipinta con calcina bianca, che conservava un’icona della Madonna delle Grazie. Una tradizione orale, mai verificata, vuole sia stata eretta nell’Ottocento a pia devozione verso la Madonna per qualche grazia ricevuta dalla famiglia De Luca. In quei tempi in Contrada Gornella le famiglie più importanti, e numerose, erano i De Luca e i Rizzo, imparentate strettamente fra loro, nelle quali ricorrevano con frequenza, rispettivamente, i nomi di Lorenzo e Onofrio. Ancora oggi le due famiglie sono caratterizzate da questi nomi. Forse per questo motivo, almeno per quanto i vecchi dicevano, ai piedi della Madonna, lieta per la recente maternità, circondata dagli Angeli del Cielo, che dà il latte al Bambino Gesù, ci sono, ad esaltazione della sua gloria, san Lorenzo e sant’Onofrio.
Una verità, invece, è che la vecchia edicola si trovava a fianco della strada mulattiera che, arrampicandosi sul Petto della Galera, dove, io “anariata” me lo ricordo, i fuochisti con tecnica artigianale fabbricavano i fuochi d’artificio da sparare nelle feste patronali, portava con un percorso ripido e tortuoso da Tropea a Gasponi, proprio all’innesto con l’altra strada mulattiera che, a sua volta, portava ai mulini della Burmaria e a Drapia. Era un luogo strategico, ‘A Madonneja (la Madonnina). Da ricordare che nella zona durante il Medioevo si svolse una cruenta battaglia (un’imboscata ai tropeani che avevano tentato una sortita dalla città assediata e caddero tutti morti) fra i francesi angioini che assediavano Tropea e le truppe tropeane fedeli al re d’Aragona e corse tanto sangue che nella terra si formò ‘na gurna ‘i sangu. Da ciò il nome Gurnea, italianizzato in Gornella, piccola conca piena di sangue tropeano. Era un luogo di sosta, di riposo e di preghiera per coloro che dai due paesi a piedi scendevano in città al mercato della domenica. Era anche un luogo di ristoro perché lì sotto, ai piedi del poggio, in una gola profonda dove scorreva il torrente Lumìa, ora “intubato”, vi era la Fontana di sant’Onofrio, dalla quale sgorgava un’acqua così limpida e “leggera” che veniva detta “l’acqua d’a saluti” e veniva tutta la gente del Carmine, ‘i carminoti, e anche da Tropea, con bumbuli, cati, quartari e lancei per rifornirsi. Era tanto buona che “l’ordinavano pure i medici”. In estate ne scorreva così poca, ‘nu filiuzzu, che si formavano lunghe file di gente anche fino a notte fonda. Ciò era occasione per le donne di fare due chiacchiere, di pettegolare, per riposarsi dalle fatiche quotidiane e, per i giovani, per intrecciare i primi amori. La fonte, ora interrata, ombreggiata da rigogliosa vegetazione e da alti pioppi, raggiungibile attraverso due ponticelli in muratura ad arco, anch’essi interrati, su cui passava la vecchia strada che portava a Parghelia, era stata costruita negli anni Venti del Novecento da Michele Crigna, ricco benefattore tornato dall’America dove aveva fatto fortuna.
Un’altra verità, che però io ricordo bene, è un episodio avvenuto alla fine degli anni Cinquanta, il due luglio, proprio il giorno della Madonna delle Grazie, per questo allora si parlò di miracolo.
Un giovane contadino della famiglia d’i Jurici, scendendo a dorso d’asino, cadde nel precipizio del burrone. Non si sa se la caduta sia stata provocata perché l’asino sia scivolato sul fondo viscido, consunto e roccioso della strada, per una improvvisa impennata dell’animale, o per una bravata del giovane che voleva mettersi in vista con le ragazze che attingevano l’acqua alla fonte. Fatto sta che lo sventurato cadde giù insieme all’asino in un folto e intricato cespuglio di spine. Il ragazzo si salvò, non si fece niente, neppure la bestia si fece niente. Le spine li avevano accolti in un abbraccio amorevole come in un mantello, il manto salvifico della Madonna.
Nella prima metà degli anni Sessanta, quando c’è stata la necessità di aprire una nuova strada percorribile con le auto, la vecchia edicola (’u Palastru), siccome ne intralciava il tracciato, venne abbattuta con la ruspa. Al suo posto, un po’ più su venne costruita un’altra edicola in mattoni molto semplice e senza decorazioni dove fu sistemato un quadro fatto su rame pare dal pittore Albino (la notizia non è certa, anche perché la firma non è decifrabile). L’icona della Madonna, quella vecchia, dipinta su tavola e di pregevole fattura artistica (forse del XVII sec.). , scomparve. Non si seppe che fine avesse fatto. Nessuno seppe, o volle, dir niente. Si vociferò sia stata trasportata nella chiesa del Carmine, e anche che sia stata custodita da una famiglia del Carmine. Comparve molti anni dopo nel museo diocesano di Tropea, io l’ho vista lì.
Altra notizia è che due fratelli, proprietari dei terreni vicini, che avevano commissionato la strada, poco dopo e a breve distanza l’uno dall’altro, morirono: il fatto, dalla credenza popolare, fu attribuito alla volontà della Madonna dispiaciuta per l’abbattimento dell’edicola.
La tradizionale devozione, però, alla Madonna delle Grazie non fu mai abbandonata dalla gente del posto che ogni anno, il due luglio, si raccoglie in preghiera ai piedi della santa immagine di Maria.
Con l’andar del tempo e col passare degli anni la struttura che sorreggeva il quadro della Madonna, quasi adagiata sulla terra, con scarse fondamenta, a causa delle vibrazioni del treno passante sul ponte soprastante e da infiltrazioni d’acqua che avevano in parte rovinato il dipinto, presentava, anche se non tangibilmente visibili, segni di cedimento. Era necessario far qualcosa.
La famiglia La Torre, titolare dell’impresa edile “La Torre Costruzioni di La Torre Giuseppe & C.”, che da sette anni abita di fronte, che ha “quasi adottato” la Madonnina e Le si è molto affezionata, che ha rinvigorito la tradizione e ha rinnovato la devozione, ha deciso di fare qualcosa. In poco tempo hanno demolito la precedente struttura e hanno costruito una nuova edicola, moderna, in ferro e cemento armato, una vera opera d’arte armoniosa nello stile architettonico, con colori morbidi e riposanti, che si adatta ottimamente all’ambiente circostante. Abbellita con piante e fiori ben curati e di notte delicatamente illuminata da soffuse luci che vanno verso l’alto, la nuova opera, costata tanto sacrificio e molto lavoro, è la degna dimora della Madonna, la sua nuova casa. In questa nuova casa, a cui hanno lavorato per più di un mese i fratelli Giuseppe e Francesco La Torre, sotto l’occhio apprensivo della mamma, la signora Rosaria Amabile, attento e vigile del padre, signor Nicola, mastru Linu, è venuta ad abitare la Madonna delle Grazie della Gornella, un pomeriggio pieno di sole, di gioia e di allegria, il 2 luglio 2013, con una festa che il popolo della Gornella ha voluto fare in suo onore. Con una semplice cerimonia, mentre il popolo gioioso innalzava al cielo inni di gloria e preghiere, con un caloroso applauso, il quadro della Madonna, restaurato da mano di un artista (Antonio Lorenzo), dopo la santa benedizione, veniva posto nella nicchia dai due giovani fratelli, Giuseppe e Francesco, che erano molto toccati ed emozionati.
Il canonico don Francesco Muscia, titolare della parrocchia dell’Immacolata, assistito dai fratelli della Confraternita del S.S. Salvatore e S. Maria Maddalena degli Ortolani al Carmine e dal priore, Leonardo Apriceno, che ha celebrato la santa messa all’aperto, ha più volte elogiato l’azione della famiglia La Torre, ha ricordato la generosità e la devozione verso la Madonna di questa famiglia benemerita che con il proprio lavoro, disinteressatamente e gratuitamente ha dato una casa bella e dignitosa alla Madonna e ha abbellito anche l’intera zona (da notare che due anni fa aveva restaurato la chiesetta della Madonna di Portosalvo giù al ponte del Carmine).
La breve e commovente cerimonia, alla quale hanno partecipato in assoluto silenzio e in devota preghiera più di duecento persone, si è conclusa nella gioia e nell’allegria con i giochi per bambini, chi ruppiru ‘i pignateji, con squisiti dolci preparati dalle donne del posto e dallo sparo dei mortaretti a chiusura della festa.
La Madonna delle Grazie protegga il popolo della Gornella e il mondo intero!
Noi Ti preghiamo.
Tropea, 2 luglio 2013
Pasquale De Luca