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Quando i brattiroesi partivano con un carro trainato da buoi per vendere il vino a Serra San Bruno…

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PUBBLICHIAMO L’ENNESIMO EXTRACT DEL LIBRO DEL DOTT. PASQUALE VALLONE INTITOLATO “BRATTIRO’ E LA SUA STORIA.  ANEDDOTI, FATTI, MISFATTI” (THOTH EDIZIONI). IL “PEZZO” CHE TROVATE IN BASSO E’ UNA PARTE DEL PARAGRAFO 38 IN CUI L’AUTORE ILLUSTRA LE VICENDE STORICHE DEL PAESE NEL DOPOGUERRA…

La copertina del libro sulla storia di Brattirò

…La gente di Brattirò, che aveva nella propria famiglia un emigrante, con l’aiuto delle rimesse fatte da chi lavorava in terre lontane, riusciva a vivere dignitosamente e a coltivare i terreni, unica risorsa. E si può dire che, all’epoca, c’era almeno un emigrante in ogni famiglia!

Fino allora le nostre coltivazioni (grano, mais, orzo, olio, avena) non consentivano grossi miglioramenti. Nell’immediato dopoguerra, vennero impiantati le viti per il vino e i pergolati che producevano l’olivella: un’uva da tavola che, assieme al vino, si rivelò una buona e consistente fonte di guadagno per i Brattiroesi. 

L’olivella, ottima e pregiata uva da tavola, subiva una intensa e particolare lavorazione.  Quella migliore era  selezionata e venduta all’estero, specialmente in Germania, dove veniva spedita per ferrovia.

E’ vero che era molto faticoso portare un terreno alla produzione di questo tipo e questa qualità di uva, infatti una grandinata di meno di mezz’ora poteva rovinare il raccolto e vanificare un anno di lavoro, ma è pur vero che ai contadini, sebbene mezzadri o piccoli produttori, assicurava un introito e un guadagno che consentiva loro un tenore di vita qualitativamente buono.

Lo stesso dicasi per la produzione del vino. La lavorazione della vigna era pure faticosa, ma un po’ meno di quella del pergolato che produceva l’olivella. La quantità di vino prodotta superava il fabbisogno familiare e, pertanto, una parte veniva venduta. Il mercato principale era nei paesi di montagna,  specialmente nella zona dell’altipiano delle Serre.

I nostri nonni e i nostri genitori partivano con un carro trainato da buoi e, dopo un viaggio di tre giorni, non privo di rischi, giungevano a Serra San Bruno. Portavano sul carro una grande botte contenente il pregiato prodotto della propria terra e lo vendevano; facevano il viaggio di ritorno, sempre della durata di tre giorni, riportando un carico di carbone.  Sistemavano la botte vuota dietro il carro, su due lunghi travi, che facevano sporgere dalla parte posteriore del mezzo, e riempivano il carro di sacchi di carbone che compravano a Serra San Bruno col ricavato della vendita del vino. Ritornati a Brattirò, si riposavano un paio di  giorni e poi portavano quel carico di carbone a Tropea dove lo vendevano. Rimaneva, dopo una decina di giorni di lavoro, un guadagno  molto misero ma che consentiva di comprare qualcosa per la famiglia o per la campagna!

Allora non c’era la scuola dell’obbligo, o meglio, questa era limitata alla fine del corso delle Scuole Elementari. La Scuola Media, dove si accedeva dopo aver superato un Esame di Ammissione che era un duro ostacolo, era molto selettiva e solo i ragazzi meritevoli e studiosi potevano proseguire gli Studi, arrivando al Ginnasio e quindi al Liceo, prima di accedere all’Università.

L’agricoltura, che fino agli anni sessanta, anzi quasi fino alla soglia degli anni settanta, aveva trainato egregiamente un certo progresso nel nostro paese, non trovò uno sbocco specialistico dei prodotti tipici, e cioè il vino e l’uva da tavola.

Ovviamente, per dare un prodotto di qualità necessitava uno sforzo comune, ma ciò non avvenne per vari motivi; uno è senza dubbio il massiccio impiego della forza lavoro nelle Ferrovie dello Stato e/o in altri enti impiegatizi (per esempio come bidelli nelle scuole statali); ognuno cercava di accedere ad una occupazione che gli garantisse stipendio sicuro e vitalizio per cui, per molti, l’agricoltura diventò un secondo lavoro marginale al reddito.

Un altro motivo, è stata la massiccia emigrazione verso il Nord Italia; intere famiglie e tanti giovani partirono con la valigia di cartone e in cerca di lavoro, che trovarono in fabbrica o nell’edilizia: gli anni sessanta furono quelli del boom economico.

Forze vitali partirono a costruire il benessere del Nord impoverendo forse per sempre il Sud!

Al Nord troviamo molti Primari Ospedalieri, molti Presidi di Scuole, molti Direttori di Banca, molti Insegnanti, molti Manager e tanti Professionisti, tutta gente del martoriato Sud, gente che ha studiato e ha migliorato la propria posizione sociale raggiungendo i vertici della società.

Per l’agricoltura, vera, unica, sola, fonte di benessere del nostro paese iniziò un lento ma totale e completo declino.

Ci sono, è vero, piccoli tentativi di miglioramento fondiario come la coltivazione dell’ulivo, degli ortaggi con criteri moderni, ma sono ben poca cosa.

Sta assumendo sempre più forma di scandalo la pratica messa in atto da alcuni proprietari di fondi agricoli (gnuri ) di mandare via l’affittuario. In ciò sono favoriti da una legge ingiusta!

Con quale risultato? Dove prima c’erano distese di terre coltivate, di vigneti ecc. ecc. adesso ci sono sterpaglie e altro che rendono il territorio selvatico, sede e ricettacolo di animali ( serpi, volpi..). Grave e concreto è, inoltre, il pericolo di incendi…

Pasquale Vallone

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