Polia omaggia l’artista Antonio Pujia

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Antonio Pujia

L’Amministrazione comunale di Polia, che si appresta a completare il mandato, invita in paese un artista di fama internazionale, nativo del piccolo borgo e residente in Argentina: lo scultore Antonio Pujia, al quale toccherà il compito di inaugurare le sale di rappresentanza del Municipio abbellite con tanti quadri (una vera e propria pinacoteca, allestita, nel corso del quinquennio amministrativo, grazie alle rassegne di pittura curate dall’assessorato alla cultura, guidato da Domenico Amoroso).

La manifestazione avrà luogo mercoledì dalle ore 17.30. Relazionerà l’architetto Antonio Lorè.

Al termine della cerimonia verranno consegnate le “chiavi del paese” al grande artista che ha onorato il nome di Polia in tutto il mondo, da Sidney a Budapest, da Berlino a Londra, da Milano a Madrid e Buenos Aires, luoghi dove ha esposto sue opere ed ottenuto ambiti riconoscimenti.

Antonio è figlio di Vito Pujia e Maria Vallone. Ha tre fratelli: Carmela, Francesco e Vittorio, gli ultimi due nati in Argentina dove la famiglia è emigrata quando egli aveva otto anni, nel1937.

Già fin dall’infanzia dimostra il suo interesse per le forme plasmando i suoi giocattoli nella creta ottenuta sulle rive di un ruscello.

A Buenos Aires, in prima media, a causa della sua difficoltà con la lingua, comincia a disegnare elementi della realtà circostante che lo colpiscono fortemente per la novità che rappresentano in lui. Al termine degli studi inferiori opta per le Belle Arti ed affascinato dall’attraente nome della scuola, comunica ai genitori la sua scelta ma ne riceve un no deciso dal padre che sognava per lui una professione di contabile. Con la complicità della madre riesce a iscriversi all’esame per entrare alla scuola Manuel Belgrano. Già durante l’esame si sente intimidito allo scoprire che i suoi futuri compagni si erano preparati mentre lui no. Ad ogni modo riesce a essere promosso e frequenta regolarmente la scuola facendosi notare sempre più per le sue doti artistiche e per la sua grande dedizione allo studio. Durante questo periodo s’impegna duramente per pagarsi gli studi scegliendo sempre dei lavori atti ad aumentare le nozioni di atelier ed il rapporto con i materiali e le pratiche della scultura come, per esempio, fare i calchi di gesso, preparare tasselli, ecc. Ottiene così il titolo di professore nazionale di disegno della Scuola Nazionale delle Belle Arti Prilidiano Pueyrredon e di professore di scultura  nella Scuola Superiore delle Belle Arti Ernesto de la Carcova.

Questo periodo di studi si estende dal 1943 al 1954 ed avrà come professori artisti del calibro di Troiano Troiani, Alfredo Bigatti, Alberto Lagos e José Fioravanti con i quali lavora come aiutante nei loro atelier. Lavora da aiutante anche nello studio di Rogelio Yrurtia.  Più avanti avrebbe battezzato con questi nomi i saloni della sua propria scuola-atelier.  Si dedica con intensità crescente alla creazione ed all’insegnamento  come professore titolare delle cattedre di Scultura delle scuole di Pueyrredon e di Belgrano oltre ad insegnare nella sua scuola-atelier tra il ’70 e il ’75.

Sposa la signora Susanna ed ha tre figli: Vittorio che vive in Spagna, Sandro che vive in Argentina e Lino che vive a Milano.

Nel 1956 Hector Basaldua, Direttore Tecnico del Teatro Colón, decide dotare la struttura di uno studio di scultura scenica. A questo fine bandisce un concorso che sarà vinto da Antonio Pujia. Questi lo dirigerà fino al 1970. É proprio in questo periodo che ha origine la sua seduzione per la musica e il ballo, due dei suoi temi favoriti. Nel 1959  vince il suo primo premio importante: il Gran Premio del Salone Municipale  Manuel Belgrano. Questa distinzione lo spinge a approfondire il suo impegno con l’arte. Sarà l’inizio di una serie di premi di sempre maggior importanza ottenuti ad un’età poco usuale perché generalmente destinati ad artisti più anziani e di più ampia traiettoria.

Nel 1960, a trent’ anni, vince il Gran Premio di onore del Salone Nazionale di Arti Plastiche.

Nel 1961 vince la Biennale Alberto Lagos e nel 1964 il Gran Premio del Fondo Nazionale delle Arti “Augusto Palanza” completando così il possesso dei premi più importanti del paese.

Nel 1965,  spronato da questa serie di premi,  decide allestire la sua prima personale nella storica galleria Witcomb: questa esposizione é un punto focale nella sua carriera perché, oltre a rappresentare un vero successo di pubblico e di vendite, fu proprio qui che per prima volta si esibirono una gran quantità di lavori fusi nel bronzo, variante che anteriormente non aveva mai potuto realizzare. D’altra parte la sfida fu grande perché dovette ricorrere ai suoi risparmi per far fronte alle spese dell’esposizione; come del resto continuerà a fare per tutta la vita come unica forma di mantenere l’indipendenza e l’integrità  in riferimento a quello che vuole esprimere.

Ormai completamente definito e incoraggiato dal grande successo della sua prima mostra personale, s’imbarca in una ininterrotta produzione che sboccherà nel suo secondo grande successo: Biafra. Nell’anno 1970, profondamente addolorato dal notevole impatto che gli procurano le immagini della stampa sulla devastazione di un nuovo paese nel continente africano, produce quello che sarà il suo più grande impegno sociale: l’esposizione scarna della distruzione dell’uomo per opera dell’uomo! Questa serie ha risonanza anche all’estero e nel 1974 la Galleria Seber Art di Sidney lo invita a  fare una mostra che ottiene notevole successo.

In situazione analoga si trova la sua famosa serie Martin Fierro, prodotta negli anni ‘72/’73 nella quale torna a riprodurre la miseria della distruzione  insieme alla sua passione per la terra che lo accolse e gli diede alloggio: l’Argentina. Nell’esposizione del ’75 nel prestigioso Hall del Teatro Municipale San Martìn, il pubblico si trovò si fronte a  una delle serie sculturali più intense che si fossero mai viste fino al momento. Il successo fu così grande che Pujia decide d’incorporare la completa esposizione alla sua collezione personale.

La profonda sofferenza che suscita la produzione di queste due serie, lo spinge verso l’altro estremo della sua ricca personalità ed é così che nel 1977, nella Galleria “Imagen”, espone una memorabile serie di sculture che si allontanano sensibilmente dalla tematica dominante in quegli anni: donne nude, coppie di amanti, erotismo, piante, si esprimono in lavori come “Adagio” (ritratto di sua moglie incinta) o “Amarci con passione” che mettono in rilievo la  preoccupazione dell’artista  di far vedere, con la stessa intensità e passione, le diverse possibilità  che si annidano nel seno degli esseri umani, l’amore e l’odio, la costruzione e la distruzione, l’apatia e la passione, Thanatos ed Eros in lotta constante.

Nell’anno 1976, e per circa un anno, risiede e lavora in Spagna, all’Escorial e nello stesso periodo elabora la tematica relativa agli anni di piombo con l’imposizione della dittatura in Argentina. Un pezzo a misura naturale, “ Libertà imbavagliata” e la serie dei “mutabili” mettono in rilievo quello che c’é di incarcerato, così per “Lo specchio dell’anima” e altre opere dove si esprime ciò che é imprigionato, ciò che rimane occulto dietro sinistre ed opprimenti coperte.

Domenico Amoroso

Nel 1980, quando si commemorano i quattrocento anni dalla seconda fondazione di Buenos Aires, riceve l’incarico di fare una medaglia commemorativa che si conierà in Italia e che sarà data in omaggio come inserto dalla rivista “Siete Días”. Nel 1983 comincia a prodursi un avvicinamento all’opera di Amedeo Modigliani. Realizza la serie “Canto d’amore a Buenos Aires”: come parte di questo omaggio ci sarà la coniazione di una serie di medaglie con temi e poemi sulla Città che accompagnano l’edizione di un libro. In quest’anno, con la restituzione della democrazia produce, su richiesta, una medaglia commemorativa per l’assunzione alla presidenza del Dr. Alfonsín.  Nel 2003 Pujia decide di rendere omaggio al maestro Rogelio Yrurtia del quale da giovane era stato l’aiutante e di cui conserva importanti ricordi e gratitudine per il suo esempio come creatore e pedagogo. Fin dalla metà del 2004 sospende i corsi e la sua partecipazione in esposizioni collettive o Fiere artistiche, per cominciare un Omaggio alla donna a cui dedica tutto il suo sforzo creativo. Avvalendosi di un modello vivo va definendo e costruendo una serie di pezzi mescolando il bronzo con il sistema di cera persa, il marmo di Carrara, il marmo Belga, l’ebano con vari bagni d’argento e d’oro. Nel dicembre del 2006 allestisce una retrospettiva dei suoi lavori nella Galleria Mundo Nuevo. “Il suo talento e la sua fama l’hanno reso celebre in tutto il mondo”, chiosa l’Assessore Domenico Amoroso: “oggi ritorna da dove è partito tanti anni fa per ricevere il riconoscimento emotivamente più grande al genio creativo dell’artista puro, al figlio illustre di Polia che così tanto ha onorato la sua terra facendola conoscere ed apprezzare in tutto il mondo”.

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