Con compassato senso della misura, si sono levate da più parti critiche e rilievi sulle candidature politiche. Un coro ordinato e disciplinato, pertanto, pressoché inutile. L’attuale realtà politica Vibonese, per la verità, risulta così evanescente da eludere anche l’analisi di un microscopio. Allora, può risultare d’aiuto il Mito. Qualcuno ha denunciato l’arbitrarietà (almeno di alcune forze politiche) di scelte penalizzanti per il territorio. Addirittura, a seconda dei contesti, si sono udite le urla e gli strepiti di qualche prefica, spuntata da chissà quale angolo dell’antichità, intenta a lacerarsi le guance. Una risposta tangibile e veemente all’ennesimo torto subito dalla popolazione locale! Subito messa a tacere da inequivocabili rassicurazioni e inviti al dialogo e al confronto. Dimentichi che in politica, la moderazione coincide quasi sempre con il grigiore e con la mediocrità. E invece, nella circostanza, sarebbe stato auspicabile ascoltare un coro ben differente. Quello delle Baccanti. Così intenso, struggente, ammaliatore, irrazionale. Un coro che sollevasse con straripante vis, le contraddizioni di una classe dirigente nazionale che da molti lustri ha escluso il Sud, la Calabria e il Vibonese dall’agenda politica. L’immane compito di invertire la rotta sarà demandato a due rappresentanti. Un esponente del Pd e una del M5S. Il loro compito non sarà semplice. Il modesto suggerimento è quello di leggere con attenzione il mito sulle dodici fatiche di Ercole, perché la loro missione non sarà meno complicata di quella del figlio di Zeus. E intanto, indipendentemente dalle rappresentanze che saranno elette, c’è chi si erge a novella Cassandra. Predire sciagure sembra essere diventato l’esercizio prediletto di chi a torto o a ragione si sente ingiustamente escluso dalla competizione. In questo caos preelettorale non si sa più a quale dea rivolgersi. La solennità delle sezioni e federazioni di partito, sostituita dalla prosaicità di minuscole segreterie personali. Anche queste elezioni, a causa di una legge elettorale ridicola (e di dubbia democraticità) sono state così private di quella laica “religiosità” che connotava ogni competizione politica. La rottura con la matrice greca, al riguardo, è gravissima. Prima di ogni grande battaglia ci si recava al tempio per ricevere previsioni, suggerimenti, indicazioni. In mancanza di qualsiasi oracolo non resterebbe che affidarsi a qualche incontro conviviale, come accadeva tanto tempo fa. Ma che almeno avesse la sacralità di quello di Cadmo e Armonia. In quella circostanza gli dei parteciparono per l’ultima volta a un banchetto nuziale con gli umani. Nelle cene elettorali del recente passato, gli elettori avevano così l’opportunità di stringere mani, ricevere promesse (quasi sempre disattese) e creare un solido riferimento narrativo. Un generico impegno, diventava agli occhi dell’elettore il motivo di vita politica del candidato di turno. Un discorso di principio, un sottinteso riferimento specifico. Ma anche la convivialità è entrata in crisi. Alle sontuose pietanze che accompagnarono la cerimonia nuziale di Cadmo e Armonia, si è ormai sostituito un modesto aperitivo magari consumato velocemente nel bar di qualche autogrill. È la crisi dei tempi, si manifesta anche così. E allora, in ultima istanza non rimane che augurare agli elettori vibonesi, nel più breve tempo possibile, il recupero dello spirito di Odisseo. Mai rassegnato al destino e sempre alla ricerca di nuovi mondi da esplorare, il primo creatore di etnicità. Appassionato, combattivo, astuto, coraggioso. Conoscitore di uomini, amante infedele, a tratti egoista, mai prevedibile. Ma sempre con la sua Itaca nel cuore. Oggi, come ventotto secoli fa, l’identikit perfetto del rappresentante delle umane genti?
Corrado L’Andolina
Pubblicato su Calabria Ora l’1 febbraio 2013, p. 30