Brattirò, frazione più grande del comune di Drapia, è un paese in cui il numero di laureati (forse è più corretto dire: le persone in possesso di una laurea) è veramente elevato. Un paio d’anni fa il prof Antonio Pugliese, originario proprio di Brattirò, docente di Clinica Veterinaria presso l’Università di Messina, ha elaborato una sorta di dossier sui laureati del paese, scritto che pubblichiamo qui in basso. Alla fine dell’articolo di Pugliese trovate anche una tabella che riassume i dati dei laureati di Brattirò dal dopoguerra al 2010, tabella realizzata con l’ausilio dell’ex insegnate Sarina Rombolà. Naturalmente i dati sono indicativi; qualche laureato potrebbe esserci sfuggito. Nel computo, come intuibile, rientrano anche le persone originarie del paese che vivono altrove.
Buona lettura.
MarioVallone
L’ARTICOLO DI ANTONIO PUGLIESE
“ Il mio paese si chiama Brattirò, è situato ai piedi di una collina, 300 sul livello del mare e circondato da verdeggianti campagne…” così iniziavano i temi dei bambini delle scuole elementari di diverse generazioni quando le Maestre (poiché la maggior parte era di sesso femminile) stimolavano l’attenzione degli alunni a parlare del loro paese e a tratteggiare le peculiarità della loro gente. Erano quelle figure magistrali che hanno dato a centinaia di giovani quell’imprinting di indiscussa valenza, insegnando tutte le materie con l’eccezione della religione cui provvedeva il parroco, chiamato comunemente “arciprete”. Immagini indelebili di un tempo che ha rappresentato per tutti noi l’esordio della cultura e l’avvio verso ambiti traguardi. I bambini continuavano il loro elaborato aggiungendo che si trattava di un paese prettamente agricolo, suddiviso in due pianure “ la piana di sopra e la piana di sotto”, dove la gente lavorava incessantemente per tutto l’anno dall’alba al tramonto. Un paese come tanti della nostra Calabria, dove l’agricoltura rappresentava la principale occupazione e il reddito, non sempre scarso, consentiva di sbarcare il lunario in maniera dignitosa, elemento che ha sempre contraddistinto gli abitanti di questo paese che, accanto alla dignità, hanno sempre saputo accostare orgoglio e senso dell’appartenenza. Gente operosa che non ha mai atteso la “manna dal cielo” ma, verosimilmente per un DNA di atavica memoria, si è sempre adoprata alla trasformazione delle colture per migliorarne la produttività.
Finita la I guerra mondiale i giovani reduci ritornavano a casa, dopo aver consumato gli anni belli della giovinezza sulle aride pendici del Carso, per una causa che forse al meridione non avrebbe apportato alcun vantaggio, per continuare a coltivare i campi orograficamente ben predisposti alle diverse vegetazioni. Così addivenivano a dei compromessi con proprietari terrieri, eredi di un sistema latifondista contraddistinto dal piacere di accumulare denaro, di spadroneggiare sui loro sottoposti, senza mai aver imbracciato una vanga per coltivare o addirittura sconoscendo i confini dei loro poderi per mancanza di tempo o di altri interessi. Gente, come diceva il Giusti “in tutt’altre faccende affaccendati e in questa roba morti e sotterrati”, riferendosi ai gendarmi austriaci che presenziavano la basilica di Sant’ Ambrogio a Milano. Erano gli agrari del tempo che su tutta la penisola esercitavano il potere all’insegna dell’arroganza e della disonestà, per la maggior parte ignoranti e nulla facenti, ma fieri e orgogliosi di un passato che consentiva loro di vivere sulle spalle della gente operosa e pervasa da un grande spirito di sacrificio. Purtroppo, l’editto di Garibaldi a Genova, che prevedeva di lasciare le terre a coloro che le lavoravano, non è stato applicato in Calabria dove, sulla scia della roccaforte latifondista siciliana, si registrava un’incidenza di famiglie definite nobili in quanto erano riuscite a comperare il titolo nobiliare e fregiarsene in modo indebito. Una situazione comune anche ad altre regioni.
La nostra progenie, quella di Brattiro’, era caratterizzata da mezzadri, coloni, braccianti agricoli e piccoli proprietari terrieri che spesso associavano alla coltivazione in proprio anche degli appezzamenti dei cosiddetti “gniuri”. Una popolazione vocata alla coltivazione della terra, all’alternarsi delle diverse colture, alla produzione di frutti genuini, nel rispetto della salute dell’uomo e dell’ambiente, portata a rendere produttivo anche i terreni più argillosi, ad arrovellarsi il cervello a colture innovative come l’impianto di vitigni, per un prelibato nettare “il vino di Brattiro’”, famoso in tutto il circondario o di pergolati per un’uva da tavola, la famosa “olivella”, specie oramai in estinzione, senza trascurare di piantar alberi di ulivo e da frutta per gli approvvigionamenti familiari. Così le lussureggianti campagne facevano da corollario a questo piccolo paese che, nel susseguirsi dei decenni, ha mantenuto una popolazione di circa mille abitanti, nonostante i grandi esodi migratori verso altri contenimenti e, di recente, verso i paesi limitrofi o l’Italia settentrionale alla ricerca di nuovi suffragi e realtà più allettanti.
Non mancava, in epoca remota, la peculiarità di questi uomini ad integrare la loro produttività agricola con il trasporto del vino, attraverso carri tirati da una coppia di buoi; esportavano in enormi botti vino ad elevato grado alcolico verso le Serre, in particolare Serra San Bruno, dove veniva utilizzato come prodotto da taglio a vini meno corposi e poco resistenti nel tempo, in cambio importavano carrettate di carbone per riscaldarsi durante l’inverno. Viaggiavano notte e giorno senza sosta, solo il tempo necessario per rifocillare gli animali, per tre, quattro giorni e per un buon periodo dell’anno, affrontando con disinvoltura i disagi e le traversie del percorso.
Ritornando al flusso migratorio, è importante sottolineare che una buona parte di emigranti si recava nelle Americhe a fare i lavori più pesanti nelle miniere, rientravano dopo alcuni anni in patria, acquistavano un pezzo di terra per migliorare lo status della famiglia o per sottrarsi a quella inaccettabile subordinazione che non aveva alcun senso di esistere. Non tutti hanno seguito la stessa sorte e la maggior parte di loro sono rimasti lontani per sempre, assillati in eterno dall’indelebile ricordo dei patri lidi e della loro gente. Un mondo di sacrifici non solo per chi emigrava, ma ancora peggio per coloro che restavano in sede costretti a condurre una vita all’insegna della solitudine, dell’abbandono dei loro cari e persino del coniuge dopo qualche anno di matrimonio; tante di quelle vedove bianche che hanno sacrificato la loro vitalità, con lo sguardo rivolto all’orizzonte nell’attesa di un auspicato ritorno.
Questa premessa per introdurre l’argomento principale del nostro lavoro: parlare di un piccolo paese che, partendo da una vocazione prettamente agricola, ma sicuramente ricca di intelletto, e’ riuscito ad avere una propria peculiarità, quale epifenomeno di un insindacabile sviluppo culturale che, verosimilmente, non riesce a trovare un facile riscontro nelle diverse latitudini. Una trasformazione che iniziò negli anni ‘50 allorquando nel paese di Brattiro’ si registravano le prime lauree, quattro per la precisione (medicina, lettere, medicina e scienze naturali), eventi straordinari che non passavano inosservati, ma segnavano profondamente la gente del luogo che, all’orgoglio della cittadinanza, vi associava un pizzico di emulazione e di forza vitale per creare delle realtà nuove. Si assolveva all’antico aforisma “se l’hanno fatto gli altri potrò riuscire anche io”. Così ai primi laureati di quegli anni, che ovviamente avevano avuto un substrato economico per l’avvio e il prosieguo degli studi, seguì un progressivo interesse della cittadinanza ad avviare i figli meritevoli alle scuole superiori e poi alle università, a costo di indescrivibili sacrifici. Un interesse dilagante nella maggior parte delle famiglie che non ha mai avuto una battuta di arresto e ha portato oggigiorno a questa realtà degna non solo di ammirazione, ma intrisa principalmente di orgoglio e di sana progressione nel tempo. (Tab.1) .
Come si evince dai dati riportati, dagli anni cinquanta fino ai giorni nostri, a Brattiro’di Drapia (VV) la cultura è una nota costante e le percentuali di laureati non ha forse confronti; si registra in quasi tutte le famiglie uno o più’ laureati nelle diverse branche che vanno dall’umanesimo alle scienze naturali, matematiche, fisiche ed economiche, fino alle discipline mediche dove forse in percentuale ritroviamo la magna pars. A questi aggiungasi la significativa presenza di diplomati delle scuole superiori che, con il passar del tempo e il variare delle situazioni socio economiche, è divenuta una costante.
Così i figli di questa terra, dalle rinomate abilità culturali e manageriali, sono riusciti nel loro intento pioneristico non solo a conseguire un titolo accademico, ma nello stesso tempo ad occupare posti di riguardo sul territorio nazionale e internazionale. Hanno solcato la penisola, valicato i confini delle Alpi e degli oceani e sono giunti al punto di mettere a disposizione della società il loro sapere. E li troviamo sempre pronti, operativi e dirigenziali nei diversi ambiti della società e della cultura: accademia, ricerca, sanità, ministeri, istruzione, economia, pubblica amministrazione, libera professione e imprenditori.
Hanno raggiunto questi traguardi all’insegna dei sacrifici e delle sofferenze e, memori di quante problematiche hanno affrontato i loro genitori, non hanno mai, come diceva il Manzoni, “dimenticato il sacco”, ma con lo stesso spirito stacanovista, che ha contraddistinto i padri, sono andati lontano sventolando sempre il vessillo della loro onestà morale ed intellettuale.
Risulta ancora più allettante registrare che, come l’acqua della nostra fiumara continua imperterrita il suo percorso sull’atavico greto, il nostro spirito pioneristico continua ancora il suo percorso e le nuove generazioni tendono a non deluderci, memori che i loro nonni sono stati grandi e ambiziosi e come tali hanno il sacrosanto dovere di continuare questa ascesa, al fine di portare nelle future generazione e in tutta la gente, che ha il piacere di leggerci, un concetto fondamentale: attraverso la buona volontà si possano raggiungere mete ambite… quindi , “nati non fummo a vivere come bruti ma per seguire virtute e conoscenza”.
Quanto riportato, esito di un pensiero fisso che per anni mi ha assillato, è solo un abstract di un lavoro in estenso che merita maggiore dedizione e competenza per studiare il profilo antropologico di una cittadinanza che, per le sopradette peculiarità, diventa oggetto di studio.
Questa ricerca, uno spaccato su ” Brattiro’ il paese della cultura”, è stata possibile grazie alla collaborazione della Professoressa Maria Rosaria Rombolà (Sarina) e del dottore Mario Vallone, che hanno condiviso l’idea e mi hanno aiutato nella raccolta dei dati e nell’elaborazione matematico statistica, convinti dell’interesse del progetto che, pertanto, necessitava di essere portato avanti. Un’analisi dovuta alla nostra progenie che purtroppo non è più in grado di ascoltare, ma che possa essere ricordata per aver messo la prima pietra e soprattutto per non avere mai smesso di continuare a costruire. Una connotazione dal sapore antico che suggella una peculiarità indiscussa della nostra gente e ci consente di ritrovarsi sempre più vicini senza alcuna preclusione di sorte.
Antonio Pugliese
Tab.1 Laureati nel paese di Brattirò (Circa mille abitanti), dal dopoguerra ad oggi
Settore Numero Percentuale
Medico(Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria, Scienze Mototorie, Scienze Infermieristiche, ) | 59 | 23,5% |
Tecnico(Ingegneria, Architettura) | 27 | 10,7% |
Letterario(Storia e Filosofia, Lettere, Antropologia, Scienze della Formazione, Scienze della Comunicazione, Beni Culturali , ecc)) | 65 | 25,8% |
Scientifico(Chimica,Farmacia,Chimica Faramaceutica,Scienze Biologiche,ScienzeNaturali,Matematica e fisica ecc) | 22 | 8,7% |
Giuridico(Giurisprudenza) | 16 | 6,3% |
Linguistico (Lingue e letteratura straniere) | 19 | 7,5% |
Economico(Scienze Statistiche,, Economia e Commercio,Scienze Economiche,, ecc) | 31 | 12,3% |
Politico-sociale(Scienze Politiche, Sociologia, Psicologia) | 12 | 4,7% |
Totale 251
Caro M…a Vallone l’obbrobrio che menzioni nelle foto allegate al tuo articolo è sicuramente meno osceno della tua faccia….
innorgoglisce il fatto che la nostra progenia abbia sventolato sempre il vessillo della loro onestà morale ed intellettuale; a noi la rsponsabilità di mantenere alto il livello culturale del paese.
Caro Mario è il secondo articolo nel quale citi la mia azienda e se per il primo son stato zitto per il secondo non intendo fare altrettanto. Mi sembra che io e te non abbiamo mai avuto a che fare anzi non so neanche com’ è la tua voce e nonostante questo continui a punzecchiarmi con i tuoi articoli sempre se si posono definire tali visto che in alcuni l’ Italiano non sembra esser tale. fatto sta che internet non mi sembra il mezzo adatto per discuterne e siccome sono a Bologna rinvierei questa allegra chiacchierata per Aprile, quando torno al “paesello”. In ogni caso il mio indirizzo mail è XXXXXXX e il cel XXXXXX. A preso grande giornalista
Gent.mo Rossi, grazie anzitutto per avermi chiamato “grande giornalista”.
Non so se tu mi conosci, ma io non ti conosco di sicuro, non mi ricordo neppure la tua faccia e non so con quale autorità giudichi il mio italiano (il tuo italiano,ad ogni modo, non mi sembra “brillante”).
Quanto a quelle che tu chiami “punzecchiature”, per me sono opinioni e nessuno mi può impedire di esprimerle.
Io non ho niente contro la tua azienda, non ho mai offeso nessuno e non ho niente da chiarire.
Se quello che scrivo non ti piace puoi evitare di leggerlo, ma non puoi certo pensare di potermelo impedire.
Grazie.
Saluti
MarioVallone
….dopo il commento del signor Rossi, l’onesta’ morale e soprattutto intellettuale della nostra comunita’ penso abbia avuto una infelice frenata…
w comunque il caro “paesello” con e senza laureati e/0 pseudo-imprenditori(!!!!)..
tipo il signor Rossi….