Giuseppe Berto, antesignano della Pet Theraphy

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Giuseppe Berto con il suo cane

Nel passare in rassegna  i diversi volumi che compongono  l’opera omnia di Giuseppe Berto, uno dei pilastri portanti della narrativa nazionale del secolo scorso, scopriamo come sono stati diversi  gli interessi del Nostro nonché pregevoli le tematiche affrontate, spaziando dal romanzo al teatro, dalla storia alla saggistica, dalla religione alla scienza, dalla sociologia alla psichiatria, dalla civiltà contadina all’ecologia; senza tuttavia trascurare il fascino travolgente del sentimento che nel suo libro Anonimo Veneziano lo porteranno alla notorietà con l’omonima rappresentazione cinematografica e teatrale.

Dunque un eclettico, un intellettuale di indiscussa valenza,  un noto conoscitore dell’animo umano  e,  particolare non a tutti forse noto, un vero amico degli animali il quale, in tempi non sospetti,  non esitò a mettere in luce l’importanza di questo rapporto e i benefici che se ne possono trarre. In poche parole, un antesignano  di quel movimento scientifico-culturale, a carattere cosmopolita,  identificato  oggigiorno come Pet Therapy.

Siamo verso la fine degli anni ’70, precisamente tra l’ottobre del ‘68 e luglio del ’69,  quando Berto, dopo le accese giornate parigine  e l’invasione dei carri armati sovietici nelle bellissime strade di Praga, prosegue il suo soggiorno  sulla rupe di Capo Vaticano in compagnia di un cane, per inseguire la struggente solitudine e, nello stesso tempo,  per riflettere su tali tragici eventi e commentarli, scegliendo  quale interlocutore, appunto il suo cane Cocai.

Inizia così in questo periodo, a dialogare con il suo cocker, a condividere con lui le lunghe giornate del triste inverno, in un luogo dove regna la pace ma principalmente una  solitudine  desolante. Scrive, sempre in questo periodo, degli articoli per la terza pagina de Il Resto del Carlino: pillole di saggezza e di riflessioni che attendono ad una particolare peculiarità, cioè al Berto della contestazione che spazia dall’università calabrese al Wietnam,  dall’esodo delle campagne all’industrializzazione, dalla scuola al  movimento studentesco, senza tralasciare un cenno dolce e veritiero alla figlia Antonia, la diletta, allora  nella tarda fase adolescenziale,con tutti gli slogan dei giovani e le incomprensioni degli adulti.

Le riflessioni sono di una particolare pregevolezza che non spetta a me ricordare. Come l’interrogatorio al cane per conoscere i suoi pensieri sulla Cecoslovacchia; il soggiorno e la conversazione con un intellettuale  cecoslovacco interessato al prezzo dei beni primari quali  i fichi secchi,  per arrivare al salario di un muratore e compararlo con il rettore dell’università Ceca che non guadagnava molto.

Partendo, però,  da un certo  punto di osservazione, vorrei richiamare  l’attenzione sulla peculiarità del rapporto di Berto con il  cane spintosi fino al punto di  antropomorfizzarlo  (come se fosse un uomo),  considerandolo  non solo un vero compagno, un amico fedele, un interlocutore magistrale ma principalmente un essere vivente con cui  condividere determinati emozioni. …e dato che viviamo in solitaria  e spirituale comunione, vuol essere informato  (Psicologia del profondo pag 72).  Un processo empatico che segna i primi passi   della Pet Therapy la quale  inizia la sua ascesa  negli anni settanta in America e continua imperterrita nel tempo fino ai giorni nostri.

Berto, quale precursore, intuisce  quanto sia importante il rapporto uomo-animale e lo comunica in maniera eloquente ai quei posteri che, dopo tanti anni,  riscoprono, non solo  i benefici (attività assistite con gli animali), ma principalmente gli effetti terapeutici, che assolvono alla visione olistica dell’essere (terapia assistita con gli animali).

In modo particolare, Berto scopre istintivamente quei meccanismi d’azione che governano questa connessione socio- sanitaria legante l’uomo all’animale, e che  passa inalterata nello spazio infinito del tempo. Gli animali, molecole eteree che modificano lo stato del presente, sono in grado  di lenire non solo quelle che sono le sofferenze fisiche, ma soprattutto quelle psichiche. Essi sono quasi dei  “farmaci” importanti che consentono di sopperire le nostre esigenze spirituali.

Il prof. Antonio Pugliese

Il contesto sociale in cui viveva il Nostro era soggetto ad una irrefrenabile trasformazione, così come avviene oggigiorno; e i rapporti  interpersonali diventavano, perciò difficili e stressogeni fino al disadattamento. L’uomo era costretto a vivere in una solitudine sociale  profonda e duratura aumentante nel tempo,  catalizzata da una informazione  mediatica che,  sempre più  protesa ad erogare notizie sulle paure sociali, economiche, criminali ed ecologiche perpetrava un vero senso di sconforto.

Patologia questa della civilizzazione  caratterizzata da solitudine, senso di abbandono, disperazione, impotenza e ansia quali espressioni analogiche dell’essersi persi in un paesaggio nuovo,  dimenticato o sublimato, che appare tale. Un vero vortice emotivo che provocava, e continua a provocare, capogiri e disorientamento.

 In questi momenti drammatici la presenza tranquilla e serena di  un compagno di viaggio aiuta ad affrontare  la solitudine e le emozioni ad essa collegate. Aiuta a  riempire quel senso di vuoto che altrimenti, come una voragine, potrebbe solo attirarci nel baratro, e  a credere, tenacemente,  che nella vita non si è così soli e fragili; e può, infine, conservare, gelosamente  e in modo particolare, quell’equilibrio  psico-neuro-endocrino-immunologico che è alla base della nostra salute e della qualità della vita.

 Con ciò è facile dimostrare  che, per quanto si invoca sempre più  la razionalità e ci si spinge verso la mortificazione dei sentimenti e delle emozioni,  la presenza di un cane è la constatazione precisa che, benché fragili, si possa vivere anche bene, in quanto non si è soli.

Tale condivisione emotiva tra l’uomo e l’animale ha una genesi ancestrale  e si pertpetua  nel tempo come fonte di stimoli e di incoraggiamento.

 Quindi, l’animale, anche per Berto, rappresenta una protesi fisico-empatica che  sopperisce a quelle disabilità indotte  dagli eventi e dalla metamorfosi sociale.

Il messaggio di  Berto al riguardo ci lascia un’eredità verso la quale abbiamo soprattutto  il dovere di non dissiparla e poi fondamentalmente quello di continuare a difenderla nel tempo affinché, come diceva Plutarco, la nostra storia non si disperda dietro le nubi.

 Prof. Antonio Pugliese,

 Docente di Clinica Veterinaria presso l’università di Messina (uno dei maggiori esperti di Pet Therapy a livello mondiale)

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