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Gli interventi durante la presentazione del libro di Francesco Pugliese

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La copertina del libro

LO SCORSO 10 NOVEMBRE LA NOSTRA AGENZIA THOTH HA PRESENTATO A CARIA, PRESSO IL SALONE DELLA SCUOLA ELEMENTARE, IL LIBRO DI FRANCESCO PUGLIESE “FIGLI DEL SUO ORATORIO”. LA NOSTRA AMICA E COLLABORATRICE ANNALISA FUSCA HA REGISTRATO GLI INTERVENTI E LI HA, PAZIENTEMENTE, “SBOBINATI” (GRAZIE ANNALISA!). VE LI PROPONIAMO QUI DI SEGUITO, SENZA GLI INTERMEZZI TRA UN INTERVENTO E L’ALTRO DEL MODERATORE MARIO VALLONE E SENZA IL DIBATTITO PUBBLICO CONCLUSIVO. ESSENDO STATI FATTI A BRACCIO LA MAGGIOR PARTE DEGLI INTERVENTI, A TRATTI POSSONO RISULTARE NON SCORREVOLI. TUTTAVIA, IL SENSO DELLE PAROLE DI CIASCUN “ORATORE” VIENE FUORI IN MODO ELOQUENTE.

RICORDIAMO, INOLTRE, CHE E’ POSSIBILE ACQUISTARE IL LIBRO: PRESSO L’EDICOLA DI CARIA; L’EDICOLA DI BRATTIRO’, OPPURE RIVOLGENDOSI DIRETTAMENTE ALLA THOTH.

BUONA LETTURA.

Mario Vallone: Do il benvenuto a tutti. Siete tanti. Siamo veramente contenti. Grazie a nome mio, di Francesco, della Thoth, che ha organizzato questo appuntamento. Prima di addentrarci all’interno della presentazione, mi sento in dovere di ringraziare l’istituto scolastico di Tropea e l’amministrazione comunale di Drapia che ci hanno concesso l’uso di questa struttura. Invito in tal senso un rappresentate dell’amministrazione comunale, il sindaco, per un breve saluto.

Alessandro Porcelli Sindaco di Drapia

Alessandro Porcelli: Buona sera a tutti. Grazie a chi ha voluto organizzare questa serata. Noi non abbiamo fatto niente come amministrazione, perché quello che c’è è di tutti, non c’entra l’amministrazione. Era sicuramente un atto dovuto essere presente e presenziare alla presentazione di un libro che ancora una volta Francesco Pugliese sta dando a questa comunità. La volontà di far conoscere e di far apprezzare quelli che sono i personaggi e le storie positive di questo territorio, che è sicuramente importante per Francesco. Io comunque mi sento figlio di quell’oratorio. Ricordo perfettamente suor Rosetta, il suo carisma, il suo modo di camminare, il suo modo di parlare. Un grazie ancora voglio darlo a don Antonio e alle mamme di questa comunità. Alle mamme che stanno continuando l’oratorio. Ritengo che sia importante quello che stanno facendo. Le mamme sicuramente sottraggono il loro tempo per tutti noi  per dedicarsi ai nostri ragazzi  portando avanti un   cammino certamente  importante  e che non deve essere abbandonato.

 

Mario Vallone – Giornalista e responsabile del settore Editoria della Thoth

MarioVallone. La Thoth è divenuta una casa editrice a tutti gli effetti. Nel mese di settembre abbiamo pubblicato un libro di poesie scritto dalla nostra Annalisa Fusca, tra l’altro un libro che ha riscosso notevoli apprezzamenti ed è già in ristampa. In quell’occasione, io avevo detto di trovarmi in una situazione inconsueta, perché ero presente come amico di Annalisa, ma anche come moderatore, giornalista e soprattutto come responsabile del settore editoria della medesima agenzia. Quindi tocca a me, anche quest’oggi, relazionare sul libro e spiegarvi prima di tutto cosa abbiamo fatto come casa editrice.

Il libro doveva uscire il 24 maggio, era pronto per quella data, che non era una data casuale, ma era la festa di Maria Ausiliatrice. Era pronto, l’avevamo corretto, impaginato, però ci siamo resi conto, nel leggerlo e rileggerlo, che un libro del genere non poteva uscire senza un galleria fotografica adeguata. Non potevamo utilizzare solo foto che avete visto già in rete, in internet. Allora Francesco si è dato da fare proprio per arricchirlo con altre immagini e anche per aggiungere altri pezzi. Tra una vicenda, una vicissitudine e l’altra, abbiamo deciso che il libro sarebbe dovuto uscire tra fine ottobre ed inizio novembre. Così è stato. Il libro lo presentiamo quest’oggi a Caria. Naturalmente il merito,  come per tutti i libri, è dell’autore, Francesco Pugliese che più che autore si definisce curatore perché ha messo insieme dei pezzi con notevole passione e -io direi -anche con bravura. Un ruolo di non poca importanza nella pubblicazione del libro  l’ha svolto la poetessa e scrittrice Francesca Rita Rombolà, che lavora con l’agenzia Thoth -con la casa editrice Thoth- occupandosi del blog Poesiaeletteratura.it, l’altro nostro blog assieme al blog Vibonesiamo.it. E’ stato importante il suo lavoro, perché ha curato il cosiddetto editing; chi lavora nel settore editoriale sa di cosa si tratta. L’editing in pratica, serve per sistemare, rendere fruibile il testo al lettore. Un ruolo, anch’esso importante l’ha svolto il nostro grafico Giuseppe Bruzzese, l’altro ragazzo della Thoth che ha fatto una sorta di miracolo per recuperare le immagini pubblicate nel libro. Io mi rendo conto che alcune immagini non sono nitide, ma dovete capire che si tratta di foto antiche, sbiadite, in pessimo stato. Sulle immagini più importanti, quelle delle ultime pagine, quelle  più rare, Giuseppe ha compiuto una sorta di miracolo.

Questo è -in breve- quello che  noi abbiamo fatto come casa editrice.

Di cosa parla questo libro? Domanda banale, risposta immediata: la storia dell’oratorio di Caria, la storia della famiglia Pugliese. Non è così. Non è così, perché questo è un libro sulla storia di Caria, buona parte della storia di Caria del secolo scorso. Non si può parlare  della storia di Caria senza parlare dell’oratorio. È una pagina importantissima di storia cariese quella dell’oratorio. Questa è quindi un’opera che mancava e che Francesco ha regalato a tutti voi. Ogni cariese deve avere questo libro, perché l’oratorio di Caria ha rappresentato una luce per questi luoghi. I frutti li vediamo ancora oggi, perché l’oratorio, come ha ricordato giustamente il sindaco, continua a vivere. È una realtà viva. Certo non ha le risorse umane di allora. Non c’è il gruppo di suore che c’era allora, magari la struttura di allora. I frutti, però,continuano a vivere e questo lo sapete meglio di me, perché tutti voi siete cresciuti in questo oratorio: chi ha imparato un mestiere che magari lo ha utilizzato anche nella sua vita lavorativa. E’ questo il caso di Francesco, che si occupa del settore animazione della Thoth. Lui riesce a stare con i bambini, e questa è una dote che lui ha e un aspetto della sua personalità che ha sviluppato proprio frequentando l’oratorio. Io mi imbarazzerei a stare con i bambini, a giocare con loro. Lui, invece, riesce a stare con loro, quindi abbiamo proprio nella Thoth  un’ulteriore prova tangibile di questi frutti dell’esperienza salesiana.

Recentemente abbiamo realizzato il documentario su don Giuseppe. Durante le riprese parlando con Lele Rombolà, lui ha voluto rimarcare questo fatto: cioè  che a Brattirò, se problemi come la delinquenza, la droga, ci hanno sfiorato, buona parte del merito sta anche nel progetto educativo di don Giuseppe che ci faceva stare insieme, giocare. Questo per dire che la mia comunità e la vostra sono molto educate. Se un ragazzo comincia a fare il bullo a prendere cattive strade trova delle difficoltà. Inoltre, le nostre sono delle comunità dove non ci sono famiglie mafiose, e questo lo diciamo con orgoglio soprattutto in questo territorio. Tutto ciò lo dobbiamo, a mio parere, in buona parte al progetto educativo di don Giuseppe a Brattirò e a queste suore a Caria.

Quindi ho cercato di spiegarvi cosa abbiamo fatto noi come casa editrice, di esprimere la mia opinione sul libro, ora, infine, per introdurvi al libro, aggiungo – ma ve ne siete già resi conto sfogliando l’indice- com’ è strutturato il libro. Francesco, dapprima parla delle figure di don Bosco e madre Maria Mazzarello, entrando nell’argomento, come si suol dire, ad imbuto. Pian piano inizia ad approfondire la storia della famiglia Pugliese, pian piano entra nel tema e poi arriva all’oratorio. Quel bellissimo periodo è  approfondito da una galleria fotografica all’interno della quale -ripeto- ci sono immagini rare e ricercate[…]

Don Francesco Sicari -Rettore del seminario vescovile di Mileto

Don Francesco Sicari. Sono veramente lieto di trovarmi qui questo pomeriggio per la presentazione del libro di Francesco Pugliese “ Figli del suo Oratorio”. Sono qui anche per l’insistenza con la quale Francesco ha richiesto la mia presenza. A dire il vero non riuscivo e non riesco ancora a comprendere perché mi ha voluto da questa parte del tavolo, piuttosto che seduto in sala come suo amico.
Quando poi nella presentazione, a pag. 6, Francesco afferma che la stesura del testo ha avuto inizio il 31 gennaio scorso, mi sono ricordato che proprio lo scorso 31 gennaio, nella memoria di San Giovanni Bosco, io ho avuto la gioia di essere invitato dal vostro parroco don Antonio, che saluto cordialmente, a presiedere l’eucarestia e a rivolgere un pensiero sulla vita e le opere di questo grande Santo.
Ricordo anche che in quell’occasione Francesco e tanti altri si complimentarono per come avessi parlato di Don Bosco (tra l’altro ho cercato di trovare quell’omelia ma non la trovo e di questo mi rammarico). Allora ho pensato che la giornata di oggi potesse essere una naturale prosecuzione di quel 31 gennaio, una serata quella molto suggestiva e che aveva visto la partecipazione entusiasta anche dei seminaristi del Seminario minore di Mileto, sia alla celebrazione eucaristica sia al momento conviviale offertoci dal Parroco nei locali dell’oratorio parrocchiale. Ed allora eccomi qui a cercare di dare il mio modesto ma spero utile contributo su questa ulteriore opera di Francesco. Saluto don Sergio Meligrana, gli altri confratelli sacerdoti, il Sindaco di Drapia, le Suore Salesiane di Rosarno e voi tutti qui presenti. Questo libro che Francesco scrive ricordando Suor Rosetta e dedicandolo ai ragazzi dell’oratorio e della comunità, vuole raccontare la Storia “salesiana” di Caria, come la definisce don Sergio nella prefazione. Una storia di grazia fatta di volti, di eventi, di messaggi, di valori che hanno caratterizzato un periodo circoscritto della vita di questo paese (dal 1965 al 2000) e che hanno indelebilmente segnato e formato la coscienza umana, civile e cristiana di intere generazioni.Mi vengono in mente le parole di Bernardo di Chartres: “gli uomini sono nani che camminano sulle spalle dei giganti”. Cosa sono i giganti? Fuor di metafora sono le nostre storie, i successivi volti del passato.Noi siamo ciò che abbiamo il coraggio di ricordare. Senza memoria non solo il passato ma lo stesso presente appare privo di senso. La stessa parola progetto deriva dal latino projectum, ovvere prendere una memoria, una cosa passata e lanciarla nel futuro, dargli direzione e senso. In una società qual’ è quella attuale, caratterizzata dai legami liquidi e contraddittori a tutti i livelli e soprattutto da molta smemoratezza, il contributo di Francesco Pugliese ci aiuta a conoscere e non dimenticare appunto una storia senza la quale oggi non sarebbe possibile parlare di Caria e dei suoi abitanti. Perché dobbiamo dircelo e riconoscerlo: Caria non è solo il paese della sujaca, ma è anche il paese dove l’idea e il sogno di quel grande uomo, cristiano e sacerdote educatore piemontese che va sotto il nome di San Giovanni Bosco qui si è fatto concretezza nella missione più che trentennale delle figlie di Maria Ausiliatrice e attraverso quella realtà educativa e pastorale che va sotto il nome di Oratorio. Per 35 anni bambini, ragazzi, giovani e famiglie sono stati educati nello spirito salesiano, hanno condiviso valori e principi, sono stati formati ad essere “buoni cristiani e onesti cittadini” per la crescita spirituale, ecclesiale e sociale di questo paese. Leggendo il testo cosa mi ha colpito? Vorrei fare alcune sottolineature, proponendo e lasciando alla vostra riflessione personale alcuni interrogativi.

 1. Ha ben fatto l’autore a descrivere nelle pagine iniziali (9-23) la vita di San Giovanni Bosco e Madre Mazzarello, i due santi dei quali “Suor Rosetta ne ha seguito le orme e l’esempio, ispirandosi al loro carisma”. Anche se in modo sommario ma comunque esaustivo, Francesco dà al lettore la possibilità di accostarsi e conoscere chi è stato San Giovanni Bosco, Madre Mazzarello, il sogno fatto a 9 anni, l’oratorio, il sistema preventivo, i segreti dell’educazione, la famiglia dei salesiani, le figlie di Maria Ausiliatrice. La lettura di queste pagine è fondamentale per poter comprendere il grande dono della presenza salesiana a Caria. E impegnarsi a conoscere più approfonditamente la vita di San Giovanni Bosco e la spiritualità salesiana credo che sia anche un dovere di gratitudine verso questa presenza, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Del resto, in questa linea è anche l’invito rivolto dal Rettore Maggiore dei Salesiani in occasione della Strenna 2012: Abbiamo da poco iniziato il triennio di preparazione al Bicentenario della nascita di Don Bosco. Questo primo anno ci offre l’opportunità di avvicinarci di più a lui per conoscerlo da vicino e meglio. Se non conosciamo Don Bosco e non lo studiamo, non possiamo comprendere il suo cammino spirituale e le sue scelte pastorali; non possiamo amarlo, imitarlo ed invocarlo; in particolare, ci sarà difficile inculturare oggi il suo carisma nei vari contesti e nelle differenti situazioni. Solo rafforzando la nostra identità carismatica, potremo offrire alla Chiesa e alla società un servizio ai giovani significativo e ricco di frutti. La nostra identità trova il suo riferimento immediato nel volto di Don Bosco; in lui l’identità diventa credibile e visibile. Per questo il primo passo che siamo invitati a fare nel triennio di preparazione è proprio la conoscenza della storia di Don Bosco. Per noi membri della Famiglia Salesiana, la sua figura deve essere ciò che San Francesco d’Assisi è stato e continua ad essere per i Francescani o Sant’Ignazio di Loyola per i Gesuiti, vale a dire il fondatore, il maestro di spirito, il modello di educazione ed evangelizzazione, soprattutto l’iniziatore di un Movimento di risonanza mondiale, capace di proporre all’attenzione della Chiesa e della società, con una formidabile forza d’urto, i bisogni dei giovani, la loro condizione, il loro futuro. Ma come fare questo senza rivolgerci alla storia, che non è la custode di un passato ormai perduto, bensì di una memoria vivente che è dentro di noi e ci interpella in funzione di attualità?

2. Un altro aspetto che mi ha fatto pensare e riflettere nella lettura del libro è stata la storia della famiglia Pugliese. I due genitori Orsola e Agostino, i loro 10 figli di cui 5 (tre maschi e due femmine) che divengono salesiani.
La bella storia di una famiglia che diventa culla di vocazioni. La storia di un nucleo familiare in cui il cibarsi del vangelo vissuto e la dedizione piena hanno generato sacerdoti e religiosi. La storia di una casa ricolma di benedizioni perché santificate dalla grazia di numerose vocazioni.
Se come diceva San Giovanni Bosco il più grande dono che Dio possa fare ad una famiglia è un figlio sacerdote, questa famiglia di Caria si può giustamente definire ricca, diventando per le famiglie di oggi un monito ed un esempio.
Infatti è necessario ribadire che anche oggi la famiglia, quale “chiesa domestica”, è il grembo originario in cui sboccia la vocazione.
È sempre Dio che fa sentire la sua chiamata. Questa chiamata, tuttavia, è come un piccolo seme che, per attecchire e germinare, ha bisogno di un terreno adatto. Esso è primariamente e normalmente la famiglia.
Dobbiamo purtroppo constatare che oggi la situazione presenta aspetti problematici che richiedono una cura particolare. Quali le cause della crisi vocazionale?
È da rilevare che il calo delle nascite rappresenta la causa principale del calo delle vocazioni. Quello che è importante considerare è che, se in alcuni casi, sono fattori di ordine economico a causare la denatalità, per altri è da ravvisare una chiusura egoistica ed edonistica nel benessere e una crisi di speranza.
Occorre poi considerare il mutamento intervenuto nella relazione tra genitori e figli. Questi sono frutto dell’amore, oppure oggetto del “desiderio” dei genitori, i quali tendono ad essere incombenti o possessivi e a proiettare sui figli le proprie aspirazioni? Di qui può sorgere la contrarietà e il rifiuto opposto, in certi casi, alla vocazione del figlio.
Anche la crisi del matrimonio, la sua fragilità, ha riflessi negativi per la vocazione. A questo si aggiunge il disimpegno educativo, per cui si determina una difficoltà o incapacità di trasmettere i valori e il senso cristiano della vita, che formano la base per avvertire la chiamata di Dio. L’esempio e la testimonianza di mamma Orsola, che Francesco racconta a pag. 30 del libro, aiuti i genitori di questa comunità a recuperare e vivere con gioia il loro compito di educatori alla fede e alla vita, con l’auspicio che i ragazzi e le ragazze di oggi sappiano seguire le orme di Suor Rosetta e dei suoi fratelli, donando con gioia la loro vita al Signore e alla Chiesa nella consacrazione sacerdotale e religiosa.

3. Infine mi incuriosisce molto come Francesco ripercorri le varie fasi della vita dell’oratorio cariese, descrivendo con cura le varie attività che si svolgevano, in occasione della festa di San Giovanni Bosco, di Maria Ausiliatrice, di Madre Mazzarello, la festa del grazie, quella della castagne e poi il teatro, il campo scuola, i corsi di ricamo, la colonia estiva, le attività sportive della PGS. Un pullulare di iniziative che di fatto caratterizzavano le giornate e il cammino dei mesi e delle stagioni e che creavano quel clima di famiglia, fatto di rispetto e aiuto reciproco, del mettere in comune i talenti e le competenze tirate fuori, di entusiasmo, di scoperte, della gioia di stare insieme…
Mi viene da pensare: altri tempi se consideriamo le relazioni virtuali che caratterizzano il vissuto odierno, la chiusura nel nostro egoismo e privatismo e quel clima di indifferenza e superficialità che spesso respiriamo attorno a noi.
Una realtà quella che Francesco descrive con minuzia e di cui egli è fortemente entusiasta a tal punto da scrivere a pag. 67 “ l’oratorio è stato un grande dono di Dio e di don Bosco alla comunità di Caria. Un qualcosa di bello, di grandioso, che ha profondamente segnato questa comunità e ne ha modificato in meglio, usi e costumi, modi di pensare e di vedere le cose. E’ stata proprio la presenza di questa struttura a dare la differenza all’interno della comunità di Caria”.
Certamente l’autore nato nel 1981 per raccontare la storia di questi 35 anni ha dovuto attingere al racconto di coloro che più grandi di lui hanno vissuto da protagonisti questa avventura e che lui ringrazia alla fine del libro.
Sarebbe stato ancora più bello, a mio modesto parere, se oltre a raccogliere le notizie Francesco avesse potuto ospitare dentro il libro una sezione apposita con le testimonianze scritte di proprio pugno da tutti quegli ex allievi e allieve, che furono come viene evidenziato nel libro, il braccio destro delle Figlie di Maria Ausiliatrice e che Suor Rosetta continuò a seguire anche a distanza e che amò fino alla fine dei suoi giorni.
Questa storia e questa preziosa eredità non deve essere smarrita né deve continuare ad essere presente come nostalgico ricordo, solo attraverso le pagine di questo libro. Questa storia reclama di essere continuata certamente con modalità nuove e protagonisti nuovi, in una sorte di passaggio di testimone.
Il testimone ancora caldo e vivido aspetta di essere preso. E’ questo mi pare il senso anche della copertina dove sono raffigurati i ragazzi e i giovani di oggi. Quei ragazzi che costituiscono oggi la realtà di Caria e che chiedono di essere amati ed educati alla vita buona del Vangelo sulla scia di Don Bosco e i giovani animatori che devono vivere con entusiasmo e competenza questo servizio, senza però nessuna autoreferenzialità o autonomia.
All’inizio dicevo che noi siamo nani che camminiamo sulle spalle dei Giganti. Mi piace ricordarlo agli animatori di oggi: voi siete nani che dovete camminare sulle spalle di coloro prima di voi si sono imbevuti dello spirito salesiano. Fate tesoro dei loro consigli e suggerimenti; sappiate confrontarvi con loro, gli adulti di oggi, per non smarrirvi e per dare una risposta concreta e vera al bisogno di buono e di bello che c’è nel cuore di chi vi sta accanto. Diceva don Bosco che “l’importante è che venendo all’oratorio il ragazzo sappia di trovare un prete, una suora, un animatore…che lo attende con cuore di amico. L’assistenza diventa così presenza premurosa e paterna per prevenire il male e educare al bene”. Mi auguro tanto che scoprendo, grazie al libro di Francesco, tutta questa realtà meravigliosa che vi ha preceduti, possiate continuare oggi a mettere dentro la vostra vita tutta la passione che avete.
Il libro, corredato anche di una interessante sezione fotografica, termine a pag. 96. Termina il libro fatto di carta, ma non deve terminare, anzi deve continuare con sempre maggiore entusiasmo e impegno di tutti, piccoli e grandi, quel libro fatto di carne che è la nostra storia e il nostro cercare di rendere migliore questo mondo rispetto a come lo abbiamo trovato. Grazie

Don Sergio Meligrana Parroco di Brattirò e di Gasponi Viceparroco di Carìa dal 2000 al 2006

Don Sergio Meligrana. A distanza di alcuni anni dalla presentazione del libro sulla Madonna del Carmelo ci ritroviamo ancora una volta in questo salone  per la presentazione dell’ultimo libro di Francesco. Anche quest’ ultimo libro segue la scia degli altri due. E’ un libro tutto concentrato su Caria, si vede che ci tiene veramente tanto alla sua Caria. Io me lo ricordo, quando siamo arrivati nel 2000 con don Giuseppe Furchì, Francesco è sempre stato molto impegnato, convinto in tutti gli aspetti della vita parrocchiale: l’oratorio, la devozione della Madonna del Carmelo,  in occasione del  Natale, a Pasqua, ad ogni celebrazione, l’organizzazione delle feste dell’oratorio, l’animazione dei ragazzi. Il libro, l’ho letto. All’inizio, guardavo, cercavo di capire il filo logico. Inizialmente lui mi aveva detto: “io voglio offrire qualcosa a suor Rosetta, su quello che ha fatto, su come ha operato”. Quando ho visto la foto della copertina, ho notato che era più largo il concetto, ma capisco benissimo il motivo. Sia perché non si può parlare di suor Rosetta senza parlare dell’oratorio, e non si comprende l’oratorio senza la figura di don Bosco. Quindi le cose spingono a doverti per forza allargare. Se non si entra nel filo logico si può non comprendere il tutto. Lui ha raccolto testimonianze, esperienze, un po’ di storia. Raccogliere non significa mettere insieme tante cose, significa dare senso alle cose, significa scoprire, dare alle cose un legame. Non è il caso, e qui spunta la cultura, raccogliere deriva dal greco λέγω, la stessa radice di legare, come quello di dire, perché per dire bene bisogna trovare il legame e il senso delle cose. Per cui, lui raccoglie l’esperienza che è un’esperienza più ampia della storia di Caria. San Giovanni Bosco stava a Torino, Maria Domenica Mazzarello a Torino. Da Torino la congregazione salesiana è arrivata a Vibo ed è arrivato qua. È questo il cammino dell’esperienza salesiana, qui l’esperienza salesiana ha trovato terreno fecondo. Terreno fecondo, per quanto riguardo l’attività dell’oratorio. Anche adesso che le suore non ci sono più e diceva don Francesco c’è il problema vocazionale. Anche gli istituti religiosi hanno questo problema e hanno un problema che nasce dalla demografia, ma nasce anche dal fatto che la scelta religiosa, proprio perché è una scelta provocatoria, rispetto a quelle che sono le correnti dominanti della cultura è difficile da comprendere e quindi è difficile da abbracciare per tutte le scelte di consacrazione. Noi, come Chiesa, dovremmo trovare il coraggio di riproporre con più entusiasmo questa via di osservanza e vita cristiana. La vita religiosa non è altro che vivere il battesimo. Anche quando le suore sono andate via, è stato forte il desiderio di non abbandonare, non tanto l’esperienza dell’oratorio, quanto l’esperienza dell’oratorio salesianamente inteso con le feste salesiane, la festa di don Bosco, festa di Maria Ausiliatrice. C’è stato quel desiderio di conservare, raccogliere, un’esperienza e di tramandarla perché sentita. Questo libro si scrive in questo discorso, ossia di raccogliere e tramandare un’esperienza , perché come dice Mago Merlino nel suo Excalibur : la cosa più grave è che le cose si dimentichino. Pertanto, serve per non dimenticare l’esperienza concreta che ha trovato quell’humus che è sbocciato, quindi è stato fecondo, che qui ha portato tanto frutto di bene e che quindi noi oggi qui ci troviamo non solo a ricordare come qualcosa che fu, ma a guardare, a vedere come deve continuare ad essere. È chiaro che si lavora all’interno della Chiesa, si lavora in armonia, si lavora in comunità reciproca differenza. Io credo che il senso di questo libro sia questo, raccogliere un’esperienza che è storia più ampia di noi non solo nel tempo, ma anche nello spazio, ma è storia che anche qui ha trovato il suo frutto. Frutto di sacrifici, storie di vocazione, storia di dedizione, perché no? Anche storia di sofferenza, di difficoltà, storia di limiti. Io credo, che il libro vada letto in questo senso, con un’attestazione d’amore, come sono tutti i suoi libri alla sua Caria. Come una necessaria raccolta di materiale che sia a disposizione in modo pratico, concreto, anche per le generazioni future in modo che ciascuno sappia di questa realtà, di questa famiglia, che non sono solo i Pugliese, ci sono anche le storie di altri prima. Sempre sulla stessa scia, sulla stessa onda. Quindi un ricordo che serve a stimolare l’avvenire.

Don Pino Varrà Parroco della Parrocchia San Giovanni Battista di Rosarno

Don Pino Varrà. Il mio intervento può essere una semplice testimonianza. Credo di aver capito che questa è una comunità che ha lo spirito salesiano così radicato, proprio perché le radici erano quelle di cui si è parlato. […] Ho avuto la grazia di conoscere suor Rosetta, la grazia di essere stato suo confessore proprio negli ultimi anni. La testimonianza di suor Rosetta, ve la dico attraverso un’immagine. Ogni domenica veniva alla messa delle 9: 30 che era, cosiddetta, dei ragazzi. Arrivava sempre tre quarti d’ora prima, si sedeva sul presbiterio. Ogni persona che arrivava mi chiamava e diceva: “Suor Rosetta dorme, non è ca moriu?”. Io rispondevo: “ No, sta pregando”. Io grazie a quest’immagine di suor Rosetta ho visto la sua immagine di preghiera. Attraverso la confessione posso dire di una donna che fino alla fine ha cercato sempre la perfezione. Questo non significa che era una peccatrice, ma andava alla ricerca della perfezione. Con questa immagine a me è rimasta nel cuore. L’immagine di una donna piccola che ha saputo dare tanto. E’ stata gigante, ha vissuto l’esperienza della fede, della vita religiosa, nell’adorazione completa. L’ultimo riferimento. La mattina che lei cadde, io stavo andando a Palmi e lei stava andando a Reggio in ambulanza, l’ha accompagnata suor Gioconda e io ho chiesto come stava suor Rosetta. Suor Gioconda mi disse: “Siamo fuori binario”. Io gli ho chiesto cos’è successo. Mi ha costretto a chiamarmi perché mi doveva comunicare che finalmente madre Mazzarello le aveva fatto la grazia, perché con la caduta lei era arrivata ai piedi della croce di Gesù. Io ho avuto un attimo di perplessità. Ho pensato: “Si non è santa chista!” Ecco, queste due immagini: la preghiera, la perfezione verso la santità. […] sentivo che con la comunità di Caria c’era qualche cosa di più profondo. Questa profondità, ho scoperto che è da attribuire a questa suorina piccolina che si chiama suor Rosetta.

Suor Maria Teresa Pellegrini – Direttrice della comunita’ F.M.A. di Rosarno

Suor Maria Teresa Pellegrini. Anzitutto a nome mio e a nome delle mie consorelle Figlie di Maria Ausiliatrice esprimo pubblicamente la mia gioia per essere questa sera in mezzo a voi nel ricordo di suor Rosetta. Posso dire che sono venuta a conoscenza di Caria attraverso suor Rosetta. Innanzi tutto vorrei dire grazie a Francesco, perché ha mandato una lettera chiedendo la nostra presenza in questo giorno di presentazione del libro. […] Io sento qui presente, in mezzo a noi, suor Rosetta. Lei amava Caria, e sapeva che ogni volta lei veniva a Caria e ritornava con più gioia, con più risorse anche fisiche. Io, suor Rosetta l’ho conosciuta appena. È morta l’anno scorso e io ero arrivata un anno prima. Mi è stata di molto esempio suor Rosetta. La ricordo con tanto amore e quando ho bisogno di qualcosa mi rivolgo a lei; perché lei era la forza della comunità, una forza orante. Aprire la cappella e trovare là suor Rosetta che pregava. Lei era la parte essenziale, era la preghiera, manteneva la comunità su con la preghiera. Ora continua da lassù a guidare sia voi che ad essere presente in mezzo a voi. Un giorno ero all’ospedale vicino a lei e stavo lì a farle compagnia e suor Rosetta mi ha raccontato tante cose di Caria, ha raccontato tutta la storia. Lei ha parlato di Caria, come qualcosa che teneva nel suo cuore. Oggi, posso dire che veramente ha seminato tanto e i frutti ci sono ancora oggi. Noi siamo contente, perché purtroppo con la crisi vocazionale siamo costrette tante volte con tanto dolore a chiudere le case. Ma sappiamo che se si è seminato bene lo spirito salesiano continua. Questo è il caso di Caria. Stasera è una dimostrazione e certamente suor Rosetta da lassù sorriderà, sarà contentissima che voi qui continuiate l’opera che lei ha iniziato. In quel giorno lei mi raccontava la grande sofferenza della chiusura della casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Quanto lei ha sofferto e come l’ha sentito fortemente e intanto continuava a pregare affinché si potesse continuare l’opera. La sua preoccupazione era questa: che i giovani potessero avere un posto dove si potessero incontrare. Ora vorrei fare un appello. Abbiamo detto che c’è crisi vocazionale, però il Signore sono sicuro che continua a chiamare. Ricordo ai giovani qui presenti, sia ai ragazzi che alle ragazze. Il signore sono sicura continua a chiamare, però non bisogna essere soli. Bisogna ascoltare la voce di Dio e avere il coraggio di dire: “Sì, ti voglio seguire”. Suor Rosetta, certamente penserà a continuare la sua opera. Questi giovani qui presenti, queste ragazze qui presenti, domani possono dire: “Vogliamo seguire la scia di suor Rosetta, anche noi vogliamo essere salesiani o Figli di Maria Ausiliatrice”, perché Caria possa essere veramente ricca di queste risorse che poi fanno bene al paese stesso e alla gioventù. Allora, faccio tanti auguri ai giovani e ascoltate la voce del Signore, perché possiate disporvi all’entusiasmo così come è stata suor Rosetta. Questo è il ricordo più bello che si possa avere di suor Rosetta , che continua attraverso la voce del Signore a chiamare altri giovani. Auguri!

Francesco Pugliese autore del libro

Francesco Pugliese. Nel presentare questo libro, oggi, realizzo una promessa che avevo fatto tempo fa… quando consegnai  il libro sulla Madonna del Carmelo a suor Rosetta. Lei, allora, mi disse: “Francesco, perché quando hai un po’ di tempo non scrivi qualcosa sull’ esperienza salesiana?” Io ho risposto: “ Sì, sì suor Rosetta, poi qualcosa scriverò”. Non l’ho fatto prima d’oggi o meglio fino ad un giorno importante che don Sicari prima ricordava, il 31 gennaio. La stesura del libro è  iniziata il 31 gennaio, festa di don Bosco, ma l’idea è nata nei giorni del funerale di suor Rosetta. Quel giorno, mi sono tornati in mente oltre ad un sacco di immagini, tante sue parole, consigli, ammonimenti e quella “richiesta” di scrivere qualcosa sull’esperienza salesiana a Carìa. Ho iniziato quel 31 gennaio ed  il libro è stato completato a maggio, come spigava Mario. Doveva uscire il 24 di maggio festa di Maria Ausiliatrice. Non ci sono riuscito, ma fa niente, l’importante  è che sia stato pubblicato. Don Sergio diceva prima della copertina. È vero, se uno la guarda, a prim’occhio  non riuscirà  a collegare fra di loro  le foto che la compongono.  Ma anche la copertina è stata creata  per trasmettere un messaggio. Attraverso la copertina, realizzata da Giuseppe Bruzzese che ringrazio, ho voluto lanciare un messaggio preciso tradotto in immagine da Bruzzese. Sullo sfondo abbiamo  una grande immagine di don Bosco, colui che ha dato inizio a tutto ciò di cui stiamo parlando. Quindi la sua vita, il suo sogno, la sua missione, la sua opera, il suo carisma. Tutto quello che lui è stato ed ha  fatto, noi, lo abbiamo ereditato grazie alle F.M.A; ecco, perché l’immagine della Madonna, la Madonna Ausiliatrice, che non è una Madonna Ausiliatrice “ qualsiasi” , ma è la statua che conserviamo qui a Caria, della quale suor Rosetta era gelosissima. Quindi, l’opera di  Bosco, arrivata a noi attraverso  le F.M.A. deve essere trasmessa a questi ragazzi che vediamo in copertina. Questi ragazzi sono una piccola parte dei ragazzi di Carìa , sono le nuove generazioni. Alcuni mi hanno detto: “Ma perché la foto di questi ragazzi? Non sono i ragazzi che hanno vissuto l’esperienza salesiana! Appunto! Proprio per questo, proprio  perchè non hanno vissuto l’esperienza salesiana in prima persona, ma ne hanno solo sentito parlare dalle mamme, dagli animatori, da me e tantissimi altri. Ed è  proprio su questa fascia d’età che ci  dobbiamo concentrare, la più difficile da conquistare, la più facile da perdere. Questi ragazzi sono coloro che saranno, gli uomini e le donne del futuro. I ragazzi sono ritratti su un prato, un luogo di svago, di gioco, un luogo aperto simbolo del loro mondo. Ho voluto rappresentarli  in un prato, simbolo del loro mondo perché è proprio su di loro e sul loro mondo che bisogna concentrasi. La società, la scuola, la chiesa stessa,  deve assolutamente inserirsi e lavorare in questo loro mondo.  Qui, abbiamo stasera  tantissimi esponenti di Chiesa, sacerdoti e suore  perciò lo ripeto anche a loro:  Non sono i giovani che devono andare incontra alla chiesa, ma è la chiesa,  e la  stessa società che devono andare incontro ai giovani. Io questo lo ripeterò fino alla noia. Questo perchè secondo me è uno degli esempi lasciati dal Cristo. Una figura che operava in mezzo alla gente, che non restava rinchiuso nella sinagoga o nel tempio, ma era in mezzo alla gente. Lo stesso ha fatto don Bosco, che non restava chiuso nelle sacrestie o nelle stanze dell’oratorio, ma  operava  tra i ragazzi in mezzo alle strade prima, nei prati dopo, e, successivamente, nei cortili. Quindi ecco il messaggio che ho voluto lanciare. Sicuramente stare con i giovani non è facile, me ne sono reso conto in tutti questi anni, non è facile. Si rischia anche, spesso e volentieri, di attirarsi  delle critiche, a volte anche pesanti e gratuite, sulle quali io spesso e volentieri ho cercato di passarci sopra. Ho continuato a lavorare tra di loro ed è stata  un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo anche se a volte durissima. Questa sera, pubblicamente  davanti a tutti voi ma soprattutto davanti a tutti questi ragazzi tengo a sottolineare che, qualsiasi cosa che io abbia fatto  fino adesso, all’oratorio dalle suore prima, all’oratorio parrocchiale dopo ed in  questi mesi, sono state e sono tutte attività  fatte “contro niente e contro nessuno”, sono state cose fatte esclusivamente per voi ragazzi. Chi mi conosce veramente sa perché io faccio  determinate cose  e perché lavoro con i ragazzi. Quello che mi spinge a fare determinate cose non è perché io devo fare, perché io devo dimostrare a qualcuno qualcosa o perché mi devo mettere in mostra. Io le faccio perché lo sento! Sono contento e felice perché c’è un bellissimo gruppo di giovani che mi segue. Dunque  cerchiamo di puntare su questo gruppo anziché criticare chi si impegna. Rimbocchiamoci le maniche  e “vidimu u facimu  ncuna cosa”e lo dico in dialetto perché così si recepisce  meglio.Facciamo qualcosa!

Per quanto riguarda il libro non dico altro, perché avrete modo di leggerlo. E’ semplicemente un omaggio innanzitutto a suor Rosetta, un omaggio a lei nel segno di don Bosco. Ma è  anche  un omaggio che è dedicato espressamente a voi ragazzi della mia comunità.  Ecco  perché nella copertina del libro ci siete voi. Voi rappresentate tutti i giovani di Caria, che è la mia comunità, che è la vostra e nostra comunità.

Un grazie va a tutte quelle persone che mi hanno aiutato nella realizzazione del libro. Un grazie va anche alla mia famiglia   alla quale devo però anche fare delle scuse, in particolare a mia madre e mio padre. Non è certamente bello sentirsi dire per un genitore : “si vede che tuo figlio non ha nulla da fare per radunare i ragazzi”, “è pacciu”, “è malatu i testa”. Sicuramente non è bello per una madre sentire dire determinate cose sul proprio figlio, perciò le mie scuse a loro. Per quanto riguarda queste critiche arrivate negli anni passati da alcune parti non mi interessano. Dicevano queste cose anche a  don Bosco ed era un santo, figuriamo se non possono essere dette a me “povero morto di fame”.

Grazie a tutti per la presenza, ma il mio grazie più sincero, senza togliere niente a nessuno, va a tutti voi ragazzi e ragazzi, uno per uno, perché ci siete sempre e perché non è vero che siete  vuoti o lontani da certi temi, perché non è vero che non vi appassionate a determinate cose… avete solo bisogno di qualcuno che creda in Voi!

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