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15 anni fa la morte del prof Franco Rombolà, dimenticato dalla scuola

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Il prof Franco Rombolà

IL RICORDO. Quindici anni. Sono passati esattamente quindici anni dalla morte del prof Franco Rombolà di Brattirò. Si è spento per un improvviso malore il 30 ottobre del 1997. Allora avevo 16 anni e frequentavo il terzo anno del Liceo Scientifico Fratelli Vianeo di Tropea. E Rombolà morì proprio a scuola,  di fronte agli alunni, i suoi alunni, attoniti, della II A. Ricordo tutto di quel tristissimo giorno. Nel corridoio del Liceo vidi il prof Rombolà di fronte alla sala dei docenti, con il solito cappotto giallo mentre discuteva con i suoi colleghi. Lo salutai, lui mi ripose. Erano le 8:30 circa: non ci saremmo mai più visti. La sera prima Rombolà aveva diretto l’allenamento con i ragazzi dell’Us Brattirò, seduta alla quale avevo partecipato anche io; a breve sarebbe iniziato il campionato.  Alla prima ora quel 30 ottobre 1997 avevamo lezione di Filosofia con la professoressa Capria. Stavamo studiando Eraclito. Verso le 9 e un quarto si udì la sirena di un’ambulanza. La cosa non ci preoccupò più di tanto; pensavamo fosse successo qualcosa di non grave e non all’interno della scuola. Invece nel corridoio parallelo a quello dove si trovava la mia classe si stava consumando la tragedia. Il prof Rombolà stava tenendo lezione di latino. Spiegava l’uso del verbo adsum (verbo che tradotto significa- guarda caso- “esser lontano, assente”) quando, di colpo, si accasciò davanti agli alunni rimasti letteralmente sconcertati. Sarebbe morto nel giro di pochi minuti. Quando arrivarono i medici era già deceduto, o quasi. Ricordo che la nostra insegnante, Giuseppina Capria, dopo pochi minuti che avevamo sentito la sirena dell’ambulanza uscì dall’aula per capire cosa fosse successo e dove fosse successo. Ritornò da noi dopo un breve lasso di tempo. Non dimenticherò mai quello che ci disse. “E’ stato male il prof Rombolà –  fece un singhiozzo ed aggiunse- mi hanno detto che è morto.” Assurdo. Incredibile. Queste parole ci fecero cadere nello sgomento. Un’altra scena che non dimenticherò mai di quel 30 ottobre di quindici anni fa è l’uscita della bara di Rombolà dall’edificio dello Scientifico, poche ore dopo il decesso. Tutti i ragazzi ad aspettarla. Tutti tristi, molti in lacrime, parecchi disperati. E la gente dai balconi del centro storico che si affacciava per chiedere cosa fosse successo e che si rammaricava quando gli veniva risposto che era morto il prof Franco “Rumbulà”.

A Tropea ed in tutto il circondario Rombolà, infatti, era conosciuto da tutti ed apprezzato, sia come docente che come uomo di sport. I giornali locali dedicarono le prime pagine alla notizia della sua dipartita. Da giovane Rombolà era stato calciatore di successo e durante la sua vita, tra la scuola ed il campo di gioco, aveva fatto crescere generazioni di ragazzi. Di mattina, in classe li spronava a studiare e faceva loro amare la cultura.

Egli era letteralmente innamorato della poesia, non a caso sulla sua lapide i familiari hanno scolpito un significativo ed azzeccato passo de I Sepolcri di Ugo Foscolo (“Sol chi non lascia eredità d’affetti poca gioia ha dell’urna”). Di pomeriggio allenava gli stessi giovani, insegnava loro a giocare a calcio, trasmetteva valori autentici, li faceva credere in loro stessi, li rendeva consapevoli che con l’impegno e la tenacia avrebbero potuto affrontare le sfide, non solo dello sport ma della vita.

A me Franco Rombolà insegnava Storia. Grazie a lui ho amato questa materia ed ho fatto la mia tesi di laurea quinquennale proprio in Storia, ottenendo il massimo dei voti. Come vi ho accennato, è stato anche mio allenatore nelle giovanili dell’Us Brattirò. Certi giorni uscivamo da scuola e andavamo direttamente a giocare in trasferta con la sua auto. Capitava spesso che passavo più tempo con lui che con i miei familiari. Egli ha influito molto sulla mia formazione: gliene sarò per sempre grato. I suoi insegnamenti oggi continuano a vivere: a Brattirò un’associazione che ho fondato con alcuni amici porta il suo nome. Ma la scuola, la scuola dove ha insegnato a lungo, la scuola dove è morto di fronte ai suoi alunni, lo ha purtroppo dimenticato.

PERCHE’ QUESTA TESTIMONIANZA. E’ dal 5 luglio 2000 che non metto piede nel Liceo Scientifico, dal giorno in cui ho fatto l’orale della maturità. So che da allora l’edificio è stato ristrutturato (anche se oggi, a quanto pare, non è ancora perfettamente “funzionante”). Nella sala in cui è morto Rombolà c’era una targhetta in suo ricordo e credo ci sia ancora oggi.

Franco Rombolà è stato un educatore esemplare.

A quindici anni dalla sua scomparsa ho voluto ricordarlo con questa testimonianza scritta per omaggiarlo.

Ma un’altra cosa voglio aggiungere.

Sento spesso parlare di progetti educativi e formativi, organizzati nelle nostre scuole, comprese quelle (anzi, quella) in cui Rombolà ha insegnato. Ottime iniziative. Ai miei tempi di iniziative del genere se ne facevano poche, soprattutto perché non vi erano i fondi, specie quelli comunitari. Ma Rombolà, di progetti per i giovani, progetti concreti, tangibili e fruttuosi ne ha fatti tanti, spontaneamente, gratuitamente. Egli ha educato i giovani non solo tramite attività scolastiche ma anche extrascolastiche. E, ripeto, lo ha fatto quando non si veniva pagati per farlo. Lo ha fatto per passione, donandosi gratuitamente, come solo una persona che vive forti emozioni e che ama può fare. Non so quanti insegnanti oggi si dedicherebbero a questi progetti di cui si sente spesso parlare se non avessero un (legittimo, intendiamoci) tornaconto personale od un compenso.

Mi piacerebbe, e qui lancio una proposta, che le scuole tropeane negli anni a venire si dessero da fare per ricordare il prof Franco Rombolà, come non han fatto in questi 15 anni, che magari gli venga intitolato qualche spazio significativo o venga organizzato  assiduamente qualche torneo in suo onore. Sarebbe l’occasione per rendere omaggio alla sua figura e porla come esempio, non solo per i giovani ma anche, mi permetto di dire, per gli insegnanti.

Bisogna, a mio parere, dire alle nuove generazioni chi è stato quell’uomo del quale oggi leggono il nome su una targhetta all’entrata di un’aula (mi auguro almeno quella sia rimasta) e bisogna -appunto- ricordare che certe attività formative ed educative extrascolastiche qualcuno le ha fatte, tempi addietro, per passione, solo per infinita passione e per amore verso i giovani.

MarioVallone

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