Annalisa Fusca
Calabria Ora- 11 ottobre 2012
L’INTERVENTO DI DOMENICO AIELLO
Esimi relatori, cari studenti, gentile uditorio
In qualità di responsabile dell’organizzazione di questo evento ma soprattutto in qualità di cittadino, innamorato del proprio territorio, ho l’onore ed il piacere di darvi il benvenuto a Drapia.
Prima di tutto vorrei ringraziare coloro i quali mi hanno aiutato a fare in modo che la mia idea potesse concretizzarsi: I colleghi Consiglieri degli Studenti ed il Presidente Salvo Palermo e L’Amministrazione Comunale di Drapia, nella persona del Sindaco Alessandro Porcelli del quale vorrei sottolineare la sensibilità e la disponibilità dimostrate.
Ringrazio altresì le associazioni che hanno voluto offrire la propria collaborazione per la realizzazione dell’iniziativa: L’Associazione culturale “Antico Sentiero” con il suo presidente Leonardo Loiacono, sono stati loro, a capire prima di tutti quale fosse il potenziale inespresso del nostro territorio ed hanno avuto la capacità di realizzare quella che ancora oggi sembra un’utopia. L’associazione Culturale “Enotria” col pres. Pasquale Costa, il comitato “Sagra da Sujaca”, Legambiente Ricadi col presidente Franco Saragò , l’UNPLI provinciale col presidente Pino Maiuli e le Pro Loco che insieme alla nostra, hanno stipulato qualche mese addietro il “patto per il territorio” che proprio con la manifestazione odierna può dirsi finalmente operativo. A questo proposito, è per me motivo di grande orgoglio che proprio in questa occasione il presidente Maiuli abbia deciso di spostare straordinariamente a Drapia, l’Assemblea Provinciale dei presidenti delle Pro Loco che si è tenuta proprio in questo luogo poco fa. Questa è stata una grande dimostrazione della considerazione di cui gode la nostra piccola e giovane Associazione a livello provinciale e non solo. Per questi risultati non posso esimermi da attribuire il merito all’operato dell’instancabile nostro presidente Avv. Antonio Furchì che, mi piace ricordarlo anche oggi, è stato eletto consigliere UNPLI regionale. Lo ringrazio pubblicamente per la passione, l’impegno e l’umiltà che dal primo istante hanno contraddistinto la sua presidenza. Un grazie speciale anche a FAG in particolare a Federico Minniti che ho sommerso di telefonate e mail, lui insieme all’amica Valentina Andrizzi sono stati le mie braccia a Reggio, si sono cioè occupati della pubblicizzazione dell’evento tra le aule dell’Ateneo oltre che della registrazione dei partecipanti. Grazie all’amica Annalisa Laganà che si sta occupando della fotografia e grazie alla stampa che si è dimostrata sensibile e attenda nel dare il giusto risalto a questo evento.
Prima di presentare i relatori che gentilmente hanno deciso di onorarci della loro presenza e di offrirci le loro dissertazioni, vorrei introdurre i lavori riferendomi al titolo che è stato scelto per la giornata odierna:
GIORNATA DELLA RISCOPERTA DELL’ENTROTERRA: L’obiettivo che intendiamo perseguire oggi e con la nostra quotidiana attività in seno alla Pro Loco, non è altro che riportare all’attenzione di tutti noi quelle che sono le ricchezze di un territorio come il nostro che sin dai tempi più antichi è stato scelto quale miglior luogo di insediamento e sviluppo. Gli scavi archeologici che dagli anni 20 del secolo scorso, fino ai giorni nostri, hanno interessato soprattutto il pianoro di Torre Galli, ci hanno infatti consentito di portare alla luce i resti di una civiltà tanto antica quanto ricca e vitale che, ha scelto proprio questo territorio per dar vita ad uno dei centri più popolosi della Calabria meridionale del periodo preellenico. Queste notizie mi sono state fornite dall’archeologo Marco Pacciarelli, docente presso l’Università Federico II di Napoli, che, proprio al sito di Torre Galli, ha dedicato la maggior parte della sua attività di studioso, ereditata da quella posta in essere più di un secolo addietro dal grande Paolo Orsi. Accanto alla necropoli riportata alla luce dal suo predecessore, Pacciarelli ha rinvenuto i resti di una serie di edifici, probabilmente cinti da mura, che costituivano uno dei più importanti centri abitati dell’età del ferro in Calabria. Secondo gli studiosi infatti, l’area di Torre Galli, corrisponderebbe al paese in cui risiedeva il leggendario Re Italo, che governava la Calabria meridionale. Egli, come ci narra Aristotele, “aveva dato le leggi agli Enotri, trasformandoli da nomadi ad agricoltori”. Proprio da questo sovrano, prese il nome la popolazione degli Itali, nome che col passare dei secoli accomunò le popolazioni della Magna Graecia e che poi fu adottato dai Romani che lo estesero a tutta la penisola. Quando mi sono recato, in qualità di rappresentante della Pro Loco oltreché di appassionato di storia, nell’area di scavo, per un sopralluogo, egli nell’accogliermi e rispondere con grande disponibilità alle mie domande anche banali, mi ha fatto conoscere il geologo che proprio in quel momento stava compiendo delle valutazioni circa le caratteristiche del terreno presente in corrispondenza di uno dei presunti muri perimetrali di un’abitazione. Il geologo mi fece notare la presenza evidente di cenere di origine vulcanica nella terra e mi spiegò che quella cenere è proveniente da Stromboli; in quel momento Pacciarelli mi sussurrò: “Questa è la vera ricchezza di Torre Galli” la fertilità del terreno, il clima e la posizione strategica, sono stati gli elementi che hanno portato le popolazioni sin dal paleolitico ,a preferire questi luoghi, ed hanno potuto consentire di far nascere un villaggio che oltre a dominare tutta l’area del Poro, fu l’ultimo a capitolare dopo l’arrivo dei greci e la fondazione della città di Hipponion, l’odierna Vibo Valentia, che poi radicò la sua egemonia su tutta la zona.
Ecco perché il termine “riscoperta”: le eccezionali caratteristiche naturali dell’entroterra del Poro sono state la nostra ricchezza per millenni. Ognuno di noi ha avuto almeno un nonno agricoltore, ogni famiglia ha ricevuto dai propri avi un terreno agricolo a testimonianza di ciò che voleva dire fino a pochi decenni addietro possedere un “pezzo di terra”. Il Canonico Mazzitelli nel suo libro “Notizie storiche su Caria e i suoi abitanti” (FATA 1969) nel descrivere gli abitanti di questa frazione, li definiva “attaccatissimi alla terra […] industriosi, coltivano fino all’ultimo angolo di terra anche scosceso, roccioso, lontano chilometri dall’abitato”. Spiega il prelato, che appena tornati dall’America, i Cariesi investivano le loro fortune nel riscattare le terre che per decenni avevano coltivato ma che erano di proprietà dei latifondisti, i Baroni. Oggi, la maggior parte dei terreni sono in stato di abbandono. I numerosi ulivi secolari, se non sradicati da scempi urbanistici, vedono i loro preziosi frutti macerare a terra. Emergono tuttavia, dalle ceneri della trascuratezza, i semi di una rinnovata speranza di rinascita. Il passaggio dalla rivoluzione industriale alla globalizzazione ha infatti generato nelle società il falso convincimento che progresso volesse dire abbandono dei campi per delegare all’altro, possibilmente un lavoratore sottopagato, senza diritti e senza dignità, un lavoro ritenuto di secondo piano e degno di una marginalizzazione sociale. Questo modus operandi ha però portato allo sfruttamento intensivo di ogni risorsa, tutto è divenuto relativo, tutto utile ma non indispensabile, fino a giungere all’oggi: la post-globalizzazione e la crisi finanziaria sono frutto della miopia degli anni passati; Il timore della povertà, intesa in senso ampio, quale inaridimento sociale e morale, ha condotto al risveglio della coscienza sociale, alla nascita della green economy, allo sviluppo di concetti quali l’eco-sotenibilità o la rinnovabilità. Dal consumismo sfrenato si è passati alla cultura del riciclo. Si sta facendo strada, proprio in questo momento storico, proprio grazie alla crisi di sistema che stiamo fronteggiando, la convinzione che la nuova frontiera, la vera rivoluzionaria innovazione, non è altro che il ritorno alle origini, non necessariamente inteso in senso reazionario, come ristabilimento dell’ancien regime, ma attraverso la costruzione, sulle solide fondamenta del nostro passato, di strutture moderne e funzionali alle esigenze del terzo millennio.
E’ proprio questo il concetto che abbiamo voluto esprimere attraverso il LOGO che abbiamo ideato in questa occasione: la felce in basso, si riferisce alla Woodwardia Radicans, e rappresenta il nostro ecosistema naturale, le fondamenta su cui si poggia tutto ciò che siamo, il territorio che ci ospita;
la fotografia sullo sfondo è relativa ad uno dei punti che ritengo più rilevanti per la nostra identità: il pianoro del poro, in particolare l’area archeologica e nello stesso tempo il punto da cui ha origine il vallone che si apre verso il mare di capo vaticano con lo Stromboli sullo sfondo: il gigante di fuoco che ci ha donato la “ricetta della fertilità”. Infine le due figure sulla felce, cioè sul nostro territorio, rappresentano l’agricoltura, fonte di primaria di sfruttamento della terra e il turismo rurale, nuova frontiera di uno sfruttamento delle risorse naturali intelligente, sostenibile e redditizio. Sviluppo non vuol dire dunque cementificazione o trasformazione artificiosa della realtà ma semplicemente rispetto dell’essenza del territorio. Non è necessario nel nostro caso aggiungere alcunché, non abbiamo bisogno di forzature, imitazioni, invenzioni. A noi, Calabresi, che viviamo immersi nello splendore della natura che spesso è violentato dall’orrore dell’umano, basterebbe semplicemente valorizzare le specialità e custodire i tesori.
Domenico Aiello
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