Il presidente Francesco De Nisi non si dimette, almeno per ora. Per ribadirlo convoca una conferenza stampa in un luogo che simboleggia l’azione positiva della sua amministrazione, cioè il nuovo auditorium provinciale (terminato da pochi giorni e ancora da inaugurare), frutto di un progetto di restauro e riconversione della chiesa cinquecentesca dello Spirito Santo, promosso dalla Provincia (clicca qui per saperne di più).
Incontrando i giornalisti, sgombra subito il campo dagli equivoci: «Non ho rassegnato le dimissioni e non ho intenzione di farlo. Se il mio partito dovesse prospettarmi la candidatura in vista delle prossime elezioni politiche, potrei anche valutare di lasciare, ma per questo c’è tempo fino al 29 ottobre prossimo. In ogni caso, le dimissioni non sono una priorità, perché la mia preoccupazione principale è ora l’approvazione del bilancio, soprattutto al fine di tutelare centinaia di famiglie, quelle dei dipendenti dell’Ente».
Lo scioglimento del Consiglio provinciale – è il ragionamento di De Nisi – potrebbe preludere a centinaia di esuberi con la conseguente messa in mobilità di altrettanti lavoratori. «Quando sono arrivato alla guida dell’Ente – spiega – ho trovato una pianta organica sovradimensionata, con circa 500 dipendenti a tempo indeterminato, 220 lavoratori a contratto e 79 ex art. 7. Nel corso degli ultimi anni, grazie alle politiche di rigore che abbiamo attuato, siamo scesi a 396 dipendenti e 77 lavoratori ex art. 7. Molti in meno, quindi, ma ancora troppi in base alle normative che disciplinano i limiti di spesa per il personale. Il paradosso sta nel fatto che proprio chi ha creato questa situazione, ora spinga per la caduta della Provincia, mettendo così a rischio il lavoro di chi ancora ce l’ha. Ecco perché ritengo che l’attuale Consiglio provinciale abbia il dovere di approvare il bilancio. Per me sarebbe più facile lavarmene le mani, in fondo questo disastro non l’ha creato l’attuale amministrazione e sono certo che, anche davanti alla magistratura contabile, sarebbe facile dimostrare di chi sono davvero le colpe».
L’allusione all’ex presidente della Provincia, Ottavio Bruni, è evidente. Sebbene non lo nomini quasi mai, è a lui che De Nisi si riferisce quando replica a testa bassa alle polemiche delle ultime settimane.
«Considero così meschini gli attacchi che ho subito, che per quanto mi riguarda non avrei neppure convocato questa conferenza stampa, ma alla fine ho deciso di farlo perché in tanti mi chiedevano una replica e non volevo alimentare equivoci restando in silenzio – spiega -. Non credevo che il linguaggio e i toni di certi personaggi potesse rilevarsi così scurrile e triviale, mai visto niente di simile, neppure nel più piccolo Comune. Eppure stiamo parlando di persone che per il ruolo che rivestono dovrebbero avere ben altri metodi e obiettivi, a cominciare dalla tutela di questo territorio. Invece, mentre io facevo il mio dovere partecipando alla riunione del Cal (il comitato delle autonomie locali che avrebbe dovuto elaborare una proposta di ripartizione territoriale in vista dell’accorpamento delle provincie calabresi,ndr), nessun consigliere regionale espresso da questo territorio si è presentato, meno che mai questo incoerente personaggio, troppo impegnato a lanciare invettive. La stessa persona che a 70 anni, per mero calcolo, ha deciso di passare nel centrodestra, rinnegando il proprio passato. Qual è il suo bilancio degli ultimi 20 anni di politica? Cosa ha fatto per il proprio territorio, quali risultati ha raggiunto quando era alla guida della Provincia? Insomma, credo che abbia perso proprio una buona occasione per stare zitto».
A Bruni, attuale consigliere regionale dell’Udc, De Nisi rimprovera numerose scelte amministrative, «dall’inutile e pericolosa Tangenziale est a palazzo Di Leo, emblema della sua inefficienza, dal Palazzetto dello Sport, completato da molto tempo ma che nessuno vuole e ci costa solo in mutui 500 mila euro l’anno, fino ai 120 milioni di euro in contratti Swap (i cosiddetti prodotti finanziari derivati, che l’attuale amministrazione è riuscita a estinguere sul filo del rasoio, grazie alla scoperta di gravi irregolarità commesse dalla banca intermediaria, ndr)». «Per non parlare dei 150 milioni di euro in mutui che pesano sulle casse dell’ente – continua De Nisi -. Una situazione debitoria aggravata dalla costante riduzione dei trasferimenti statali che sono passati da circa 16 milioni di euro l’anno agli attuali 5,8. Per far fronte a queste problematiche abbiamo dovuto stringere la cinghia e tagliare al massimo le spese, cominciando proprio dai costi della politica. Le indennità sono state decurtate del 45 per cento e ormai da oltre un anno consiglieri e assessori non percepiscono alcunché».
De Nisi rispedisce al mittente anche l’allusione al “modello Filadelfia”, eufemismo usato recentemente dall’esponente Udc per criticare la gestione della cittadina vibonese all’epoca in cui l’attuale presidente della Provincia ne era il primo cittadino. «È vero – sottolinea De Nisi – esiste un modello Filadelfia, ma solo in positivo, e prevede che un sindaco non percepisca alcuna indennità per 10 anni, che ci siano trasporti pubblici gratuiti, che ci siano servizi efficienti per i cittadini e più lavoro per i giovani. È questo il modello Filadelfia, e Bruni farebbe bene a farsi un giro da queste parti ogni tanto, così impara qualcosa su come si gestisce virtuosamente un Comune. Non credo che possa dire altrettanto per le amministrazioni che ha guidato lui».
Nella sua lunga replica non manca un passaggio sulle vicende giudiziarie che nelle ultime settimane hanno scosso la Provincia, scaturite dalla clamorosa scoperta di un ammanco milionario che sarebbe stato perpetrato nel corso degli ultimi anni da una dipendente, attualmente indagata per questi fatti.
«Si cerca i tutti i modi di associare i vertici amministrativi a chi ha commesso questo furto – dice -. La cosa mi offende, perché siamo stati noi a denunciare immediatamente quanto accaduto agli inquirenti. Un inganno che forse non sarebbe mai venuto alla luce se non avessimo cercato di rastrellare risorse sfruttando i residui di bilancio. Invece, veniamo additati come corresponsabili, sebbene tutte le evidenze investigative dicano il contrario. Ci si chieda piuttosto chi ha assunto a contratto quella persona e quando è entrata nell’amministrazione provinciale».
Infine, l’ultima stoccata è per i sindacati, «che fin quando c’era da ingrossare a dismisura le fila del personale e bandire concorsi su concorsi non hanno avuto nulla da obiettare». E ancora: «Fin quando erano seduti a tavola con chi guidava la Provincia non hanno mai sollevato obiezioni, anzi partecipavano attivamente alle scelte amministrative, generando una commistione malata dei ruoli. Oggi che questa storia è finita ed ognuno è stato richiamato al proprio compito specifico, per i sindacati siamo dei malfattori».
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