12/07/12. Ha registrato notevoli apprezzamenti il libro di Antonio Pugliese uscito due anni fa intitolato “Nduja. Antropologia, storia, tecnologia di un salume calabrese”. Un successo di pubblico e di critica veramente enorme, che ha indotto l’autore e l’editore Armando Siciliano a far uscire nuovamente l’opera lo scorso anno, in ristampa, arricchita di ulteriori approfondimenti.
Antonio Pugliese, classe ’51, è di Brattirò ma vive ormai da tantissimi anni a Messina, città nella cui università insegna Clinica Veterinaria. Già nel lontano 1974 si è cimentato con questo argomento particolare. In quel periodo il giovane Pugliese era uno studente universitario di Veterinaria. Scelse un argomento attinente proprio con l’insaccato, salame che dopo un po’ di anni sarebbe diventato uno dei simboli della Calabria nel mondo. Lo studio allora intrapreso dal futuro docente si intitolava “Ricerche sulla resistenza della Salmonella nella ‘nduja, insaccato tipico calabrese”. “Erano i primi affanni di una carriera che con il tempo diventò anche lunga- scrive Pugliese nella sua prima edizione del libro- erano i primi interessi scientifici – specifica l’autore- per preparare la tesi di laurea che, in virtù di una formazione superiore maturata all’insegna degli studi classici, non poteva essere portata avanti senza richiamare alla memoria quel substrato storico letterario che doveva essere dignitosamente ricordato”.
Nel prosieguo dello scritto Pugliese spiega che: “avere scelto questo tipo di insaccato mi inorgogliva non poco, oltre che, per l’originalità dell’argomento che consentiva di effettuare un lavoro pioneristico nell’ambito di questa trattazione, allora senza precedenti, principalmente perché ritenevo di potere dare un contributo culturale e scientifico ad un prodotto che mi apparteneva dentro e che per diverse ragioni veniva considerato “il salame dei poveri”. In quel periodo in Calabria muoveva i primi passi il turismo, settore che sarebbe divenuto uno di quelli trainanti dell’economia regionale. Con esso si avviava un processo di valorizzazione dei prodotti tipici che poi avrebbe portato solo alcuni di essi, e tra questi certamente la ‘nduja, a favorire lo sviluppo e il consolidamento turistico calabrese. La seconda edizione del libro- come scrive Pugliese stesso nell’introduzione del testo – è stata decisa dopo “un lavoro spasmodico nel soddisfare le diverse richieste del mercato riguardanti non solo parecchie fiere del libro, ma in modo particolare diversi incontri con l’autore in numerose città della nostra penisola ( Torino, Roma, Macerata, Pisa, Messina, Reggio Calabria, Camaiore ecc.), senza trascurare una singolare presentazione presso la Scuola Alberghiera di Polistena (RC) ad una delegazione di studiosi cinesi.” Riferendosi agli orientali appena citati l’autore fa “una nota a parte per quest’ultima, al fine di sottolineare l’interesse e la sensibilità di questi ricercatori orientati non solo alla tipicità del prodotto, ma particolarmente all’uso del peperoncino a loro già noto, e specificatamente alle proprietà farmaco-terapeutiche della capsaicina, alcaloide contenuto nella placenta del Capsucum. Un interesse fuori dal comune- dice Pugliese- foriero di un invito nella loro Repubblica per presentare all’Accademia Cinese i frutti di questo elaborato a carattere storico, antropologico e principalmente terapeutico.” Insomma, la ‘nduja continua a bruciare le tappe della notorietà e si appresta ora, anche grazie al docente di Brattirò, a conquistare pure la Cina. L’importanza di questo insaccato, sotto tutti i punti di vista, era stata individuata da Pugliese ben 35 anni fa quando fece la sua tesi di laurea sul salume. Allora pochi avrebbero scommesso su di essa e pochissimi avrebbero immaginato che il “salume dei poveri” sarebbe stato in grado di far diventare ricchi. Pochissimi, e tra questi, certamente, il giovane studente di veterinaria Antonio Pugliese.
MarioVallone
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