“A Festa di Tri da Cruci” – Tropea

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30/04/12. Antico è il culto della Croce. Risale, infatti al IV secolo, quando Silvestro I, Papa dal 314 al 335, decise di renderla degna di onore e di venerazione, forse ispirato dal ritrovamento dei resti della Croce di Cristo. Secondo una tradizione, Elena, madre di Costantino il Grande, elevata poi agli onori degli altari, nel 326 intraprese un lungo pellegrinaggio in Palestina per visitare i luoghi Santi e con il pio desiderio di trovare reliquie di Cristo. Elena, sotto il tempio di Venere, che l’imperatore Adriano aveva fatto erigere sul Calvario, trovò alcune croci, una delle quali, avendo palesato proprietà taumaturgiche, fu ritenuta quella su cui Cristo aveva sofferto i gravi tormenti del suo martirio. Il ritrovamento dovette avvenire durante i lavori di sterro che si stavano effettuando là dove sorgeva quel tempio che Costantino, volendo cancellare ogni segno pagano, intorno al 325 aveva deciso  di abbattere e farvi sorgere una basilica detta Anastasi per ricordare, come vuole significare il nome Anastasis, non solo la Resurrezione di Cristo, ma anche quella finale dei morti. Si tramanda ancora che Elena, ritornata a Roma, avrebbe portato con sè parte di quella Croce che sarebbe stata collocata nella Basilica di Santa Croce in Gerusalemme da lei stessa fondata. E così, entra nella liturgia cristiana.

Per tanto tempo la Croce fu festeggiata dalla Chiesa il 3 di maggio (da questa  data fu tratta poi la denominazione  della festa tropeana “i tri da cruci”) di ogni anno con il  titolo “In Inventione Sanctae Crucis”, ridotto per il calendario romano in “De Inventione” o semplicemente “Inventione”, a ricordo del suo ritrovamento, ed inoltre  il 14 settembre, con il titolo, In Exaltatione Sanctae Crucis”. Lungo il corso dei secoli sempre più crescente divenne, nel mondo cristiano, la venerazione della Croce che fu considerata come simbolo di sacrificio e dio trionfo, oltre che motivo di arte, tanto che si ebbe, nel tempo, una grande fioritura di  crocifissi, anche ad opera di grandi artisti.  L’11 aprile del 1971, con Decreto della Sacra Congregazione per il Culto Divino la festa della ” Inventione” fu eliminata  dal calendario generale, ma restò ferma nelle patrie memorie di quella gente che,  come quella tropeana, legava ad essa particolari momenti della sua storia.

Le origini  del culto della Croce a Tropea si perdono nella profondità del tempo.

Si sa soltanto che il culto era presente a Tropea già dal 1120, quando nell’antica chiesa di S. Maria  de Latinis (che sorgeva nel luogo dove oggi sorge il calvario) si celebrava nei primi giorni di maggio  la festa della Croce; nel Giorno della festa  i fedeli prima  di entrare in chiesa per assistere al sacro rito, recitando preghiere  giravano  tre volte attorno ad una croce piantata davanti alla porta, proprio come si soleva fare, per antica tradizione, soltanto nella ricorrenza della “Inventione”. Dunque  la festa si celebrava proprio il 3 di maggio. Era questo un semplice atto di devozione che si protrasse nei secoli. Dopo il 1783 e dopo il crollo dell’antica chiesa il culto della Croce  fu praticato  in un tempietto  a tre coni, i cui vertici erano affettuosamenti chiamati dagli abitanti della zona ” i tri gugghicei” (le tre piccole guglie). Dopo che quel tempietto andò in rovina nel 1875 a causa di un violento temporale,  la venerazione della Croce  fu continuata  nella chiesa del Purgatorio. Ma fu per poco tempo, perchè -come se i borghigiani ne volessero fare una loro particolare tradizione- riportarono quel culto nella propria borgata, ricavando nella facciata di una casa una “conulea” (piccola edicola) dove fu posto un quadro ad olio della Pietà. Era li che fino ad alcuni anni fa, verso il tramonto  si riunivano le donne del rione per fare, in preparazione della festa del 3 maggio, la novena.

La festa della “Inventione” che in passato aveva avuto solo  un carattere religioso, nel corso dell’ottocento ebbe contorni dal chiaro riferimento alla pirateria turca che per diversi secoli aveva terrorizzato i Tropeani. Quando le scorrerie dei pirati e la paura divennero solo un brutto i ricordo, i borghiagiani inserirono  nel consueto programma religioso, per la celebrazione della “Inventione”, alcuni elementi profani, proprio del mondo dei predoni musulmani e cioè : “U Camiu”( il cammello) di carta pesta, “U camiuzzu i focu” (piccolo cammello di fuoco), vero mostro che spruzza fuoco pirotecnico da ogni parte, ed una barca corsara fatta di carta  colorata incollata su uno scheletro di canne. Si intendeva  ricordare, con festoso dileggio, ciò che nel tempo era stata causa di tanta disperazione. Nel giorno della festa  al ritmo frenetico di tamburo e grancassa, per le vie della città veniva  ballato  da un esperto u Camiu”, che ricordava quello vero di cui si servivano gli arabi per riscuotere con atti vessatori i tributi nelle terre occupate. “U Camiuzzu i focu”, per essere di effetto con le sue luci, veniva ballato di sera nella strada dove si svolgeva  la festa. “La barca”, armata di bengala, veniva fatta  espoldere, a conclusione della piacevole serata, “per significare che le scorrerie dei corsari lungo i lidi tropeani e dei dintorni erano finite per sempre. Allietata anche da musiche di occasione, eseguite dal locale complesso bandistico, e conclusa dai fuochi artificiali dalle tante luci, quella era una popolare festicciola di colore  che aveva un grande significato: il trionfo della Croce sulla musulmana Mezzaluna, e quindi del Cristianesimo  su quell’Islamismo che aveva giustificato, in nome della guerra santa, quegli atti delittuosi dei corsari di cui anche i Tropeani e gli abitanti dei paesi limitrofi avevano fatta triste esperienza. Ancora oggi  La festa di Tri da Cruci a Tropea, celebrata con grande partecipazione dai tropeani e curata da un apposita associazione, mantiene inalterato il suo profondo significato, svolgendosi con le medesime modalità di un tempo. Passano i secoli, scorre il tempo ma le tradizioni rimangono inalterate e sempre vive.

  (tratto dal libro La Festa di i Tri da Cruci  di Antonio Sposaro)

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