La bottega d’arte di Michele Potenza

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28/04/12. C’era una volta la bottega di Michele Potenza, legatore artigiano di libri, artista pittore e scultore vibonese. La bottega era un vero spazio fossile del centro storico, un buco stretto e buio ma perennemente illuminato dai colori caldi delle opere di Potenza. Lui il legatore d’arte, sapiente artigiano della carta, lavorava in quella strana bottega tra spazi angusti stracolmi di veline, carte e cartoncino, corde, fili  colorati e trame di ogni tipo, pelli purpuree e incisioni dorate impresse a caldo. Quella bottega di via Corso Umberto I, al numero sessantatré, purtroppo oggi non esiste più. Michele Potenza si è trasferito da qualche tempo in Piazza Michele Morelli con un laboratorio di opere pittoriche e scultoree dove l’artista dipinge ed espone in permanenza le sue opere e dove ogni sabato mattina, come da consuetudine antica, i suoi quadri escono fuori dalla bottega,  per strada, si affacciano su quel luogo che una volta si chiamava Piazza del Popolo, lungo la salita Majo, che ospitava, ai tempi di Monteleone, l’animato mercato della città. Potenza, negli anni, ha maturato una pittura davvero interessante ed oggi la sua tavolozza è coloratissima con tonalità vivaci dalle quali prendono vita straordinari clown. Sono i nuovi personaggi inventati da Michele Potenza artista dopo l’esperienza pluridecennale di meticolosa ricerca pittorica, dal Michele Potenza artigiano, tra i fumi delle impressioni a caldo e l’odore acre delle colle da rilegatore, al Potenza artista con la sua pittura e scultura, all’inizio quasi naif, che si è raffinata con il tempo fino a diventare espressione colta e concettuale dove il personaggio “clown” è metafora di una iconografia simbolica più complessa.

La sua pittura di oggi ci riporta indietro nel tempo, quando, dal nodoso legno di ulivo scelto direttamente sul campo, Potenza riusciva a “far uscire” personaggi grotteschi e sulle sue tele “ospitava” gatti di ogni tipo, immobili e contornati da improbabili nature morte. Sono le calde opere del 1995, successivamente, con la fase più meridionalista e antropologica del ’97, arrivano i volti di donna calabrese, figure arcaiche ed espressive solcate in volto dalle venature violente del legno di ulivo, come rughe di contadino, come i solchi della terra appena arata, era questa la sua produzione più classica, il Michele Potenza degli anni novanta. Oggi, nel 2012, Michele Potenza è, come sempre, uomo semplice e laborioso, modesto e umile, come sempre ama lavorare in silenzio. Le sue opere continuano ad essere scolpite con rudimentale abbozzo su legni durissimi che, finiti e rifiniti, sprigionano una ricchezza di sincera armonia che solo un artista maturo come Michele Potenza sa esprimere. Ed ecco la sorpresa più interessante: i clown. Con la comparsa di questi coloratissimi personaggi del circo fuggiti dal magico tendone per entrare nelle tele di Potenza, con la stessa identica faccia dipinta, il naso rosso a pallina di “Fiorellino”, i capelli posticci di “Scarpacotta”, il  largo contorno di trucco bianco intorno alle labbra, i cappellacci, le scarpe da “Scaramacai”. Potenza li accoglie nei suoi ricordi, li riprende nella sua fantasia e li ritrae rielaborati dalla sua tavolozza, tristi in viso (alcuni pagliacci hanno disegnata una lacrima sul viso), sorridenti, sognanti, coloratissimi e buffi nell’abbigliamento, suonatori di violini e antiche chitarre rinascimentali, testimoni di un qualcosa di più reale e profondo da comunicare e da trasmettere agli altri, dalla loro finzione scenica circense alla realtà della vita di tutti i giorni.

Franco Vallone

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