23/02/12. IL FIDANZAMENTO. Quando un giovane si voleva sposare, erano i genitori che combinavano il matrimonio. Mandavano, con tutto riserbo, il cosiddetto “Mbasciaturi”, uomo saggio e maturo, a fare la richiesta ai genitori della giovane. Questi si prendevano un limite di tempo per rispondere ma soprattutto per riflettere e consultare l’intera famiglia. Quando la risposta era affermativa, si facevano i ‘capitoli’ (patti scritti), sulla dote che avrebbero dato al futuro sposo e alla futura sposa, quindi si pattuiva la data delle nozze. Solo dopo questi intendimenti cominciavano le visite del fidanzato in casa della fidanzata, avendo cura che in casa di lei ci fosse qualcuno dei familiari. Per rendere ufficiale il fidanzamento, il giovane “la singava”, ossia le portava un nastro elegante che le doveva cingere i fianchi, e in dono le portava anche: l’agoraio, il ditale, le forbici, il pettine, il fuso, la conocchia e la corona del Rosario.
Il fidanzato, di tanto in tanto, organizzava con i suoi compagni, delle serenate sotto la finestra di casa della fidanzata. Si cantavano canzoni d’amore al suono di chitarre, di lire e di organetti. La fidanzata con i suoi familiari si affacciavano alla finestra, poi invitavano a casa i “musicisti” e si offrivano fichi, noci, mandorle, castagne, finocchi e vino. Soddisfatti si auguravano la buonanotte e ognuno se ne andava a casa. Era inoltre costume nella cultura popolare che il figlio del contadino, sposasse la figlia del contadino, quello del mastro la figlia del mastro, il figlio del mugnaio quella del mugnaio e così via. Questo avveniva per un duplice motivo: perchè la moglie sapesse aiutare il marito e perché fosse mantenuto il grado sociale. Tutto ciò però era soltanto un’idea dei genitori, che i figli non sempre condividevano e quindi, una volta innamoratisi, cercavano di spuntarla ad ogni costo, anche se dovevano ricorrere alla forza. Appostavano la ragazza quando essa andava alla fontana oppure in campagna e le portavano via il fazzoletto dalla testa, cosa per se stessa di poco rilievo, ma che per l’opinione pubblica era ritenuta un crimine. Avvenivano allora i litigi, e vere e proprie guerre tra famiglie. I guai si facevano seri quando vi erano due pretendenti per la medesima ragazza. Si mandavano “imbasciate” minacciose e si verificavano: agguati, sfide e botte. Per evitare tragedie qualche volta si ricorreva al matrimonio clandestino. Avveniva che non sempre le proposte di matrimonio venivano accettate, e anche se accettate non tutte arrivavano a compimento. Allora le serenate avevano mira alla rovescia: canzoni di sdegno, pungenti, roventi. Tutte queste cose avvenivano soprattutto quando ancora non era sviluppata l’emigrazione e i giovani restavano tutti nel proprio paese; sopraggiunta questa le cose cambiarono.
(tratto dal libro “Notizie storiche su Caria e i suoi abitanti” del sacerdote Antonio Mazzitelli)