“Su un costone di Capo Vaticano che degrada verso il mare si erge maestosa ancora una delle numerose torri edificate secoli fa a difesa delle incursioni piratesche .Essa è conosciuta come “Torre Ruffa”, anticamente veniva chiamata dagli abitanti del luogo “Torre di Donna Canfora”, perchè in quel tratto di mare, secondo un’antica leggenda, si consumò la tragedia di Donna Canfora, una gentildonna ricchissima, adorna delle più rare virtù e di suprema bellezza. Rimasta giovanissima vedova, respinse ogni offerta d’amore volendo consacrare la sua vita alla memoria dell’infelice consorte. Ma un giorno , si racconta, la sua cameriera rientrò nel grande palazzo (da cui successivamente tutta la zona prese il nome di “Contrada Palazzi”) portandole un’allettante notizia: sulla spiaggia era giunta dal lontano Oriente una nave carica di stoffe da seta, di grosse gemme, di piume candide come la spuma delle onde del mare, di pelli, di tappeti rarissimi, di maioliche stupendamente dipinte. Raccontava che tutti ormai occorrevano giù alla marina per ammirare le tante cose belle esposte alle murate, agli alberi, a prua ed a poppa della nave, fra mille svariati colori.
“Sono meraviglie”, diceva eccitata la giovane ancella a Donna Canfora -che intanto aveva abbandonato l’arcolaio per ascoltarla- meraviglie che si vedono una sola volta nella vita! Andiamo, signora, troverete laggiù le vostre amiche, che tutte sono accorse. Su, voglio vestirmi presto presto, venite, andiamo anche noi…”Ma Donna Canfora era assai triste quel giorno. Funesti presentimenti attraversavano la sua mente: mesta nel volto, disse all’ancella:”stamani l’oracolaio cigolava molto. Che ne dici, non è forse questo un avviso del Signore? L’oracolaio è unto da pochi giorni, è mai possibile che cigoli?. Mormorò allora donna Canfora: “ Mi batte forte il cuore. Funesti sogni ho fatto questa notte e più volte mi è parso di vedere qui, innanzi a me, lui, il mio povero marito. Che succederà mai?” Prima di uscire, Donna Canfora volle controllare tutta la casa, poi finalmente, triste e pensosa si avviò verso la marina. Sulla riva c’era una grande folla mentre una leggera brezza di maestrale gonfiava le tele variopinte facendole apparire ancora più belle e scintillanti alla luce del sole. Appena Donna Canfora comparve, la folla si divise in due ali facendola passare in mezzo come regina. Allora, il capitano della nave le andò incontro col viso sorridente e le disse:”la fama delle vostre virtù giunse fino ai lidi più lontani dell’Arabia e della Persia”. Donna Canfora ringraziò e si lasciò guidare fin sulla nave. Ad un tratto, però, la ciurma, ad un cenno del comandande, cominciò a tirare le ancore ed issare le vele. La Folla, accortasi dell’inganno e dell’imminente pericolo, incominciò ad elevare altre grida nel cielo miste a furibonde imprecazioni all’indirizzo dei marinai e del comandante. Ma la nave, libera dagli ormeggi, scivolava leggera sull’acqua calmissima ed il comandante trascinava verso la sua cabina la bella Donna Canfora. Vedendosi sola tra quei barbari e sapendo di non potere fare altro, chiese di essere lasciata libera solo un istante, per dare l’ultimo saluto alla sua casa ed alla sua terra natale.
Dritta sulla poppa, guardò a lungo la grande distesa marina, le isole Eolie che si stagliavano non tanto lontane, là dove l’orizzonte si unisce col cielo, gli amici che agitavano le braccia in un ultimo gesto disperato, la riva che si allontanava veloce…poi sollevati gli occhi al cielo, come per chiedere perdono, si lanciò in mare gridando: “Impara Tiranno! Le donne di questa terra preferiscono la morte al disonore!”. Le vesti di broccato azzurro, appesantite dall’acqua non le diedero la possibilità di guadagnare la riva e così scomparve tra le onde senza più risalire. In quel punto, oggi conosciuto come lo “Scoglio della Tamanica”, poco distante dalla Torre Ruffa, le acque hanno assunto l’aspetto di un azzurro cangiante- a volte verde smeraldo, a volte turchese striato d’oro e d’argento- e il fondo è ricoperto di alghe, di attinie e di bellissime asterie dalle forme svariate e dai mille colori. E, quando l’eco dello sciacquio dell’onda sulla battigia si perde nella verde campagna, i contadini raccontano ai loro figlie ed agli ignari turisti, che sempre più numerosi giungono di anno in anno la leggenda di Donna Canfora e ricordano loro che quel monotono murmure non è altro che l’accorato lamento con il quale ella saluta ancora ogni notte la sua casa, la sua terra natale , la sua gente.
AGOSTINO PANTANO
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