30/01/12. Si chiude l’ennesima stagione venatoria. E oggi nella comunità di Zambrone è stato il momento, per i cacciatori locali, di festeggiare l’evento. Il meteo non ha permesso uscite per la caccia ma, la grande voglia di stare insieme, di sfruttare comunque il tempo per parlare di sé, delle proprie avventure, delle vecchie battute di caccia, degli scherzi fatti tra un bicchiere di vino e una pietanza, questo, in tempi così confusi tra una crisi economica e i diversi problemi sociali, davvero non ha prezzo. Si sono ritrovati in 22, in una cantina, con tavoli e sedie trovati al momento. Una griglia, della legna, un po’ di selvaggina fresca da arrostire, il pane fresco delle massaie e qualche leccornia sott’olio (di quelle tipiche calabresi).
Un’immagine d’altri tempi, di quando di incontri del genere si facevano con molta più frequenza. Una tavola lunghissima, carica di roba buona e allo stesso tempo umile, fatta di quegli ingredienti che solo poche donne oggi sanno maneggiare. E anche se qualcuno era venuto senza molta fame, una volta circondati da questa contagiosa compagnia, ci si immerge dentro con grande armonia. Poi, dopo le grida di allegria dei primi momenti, arrivano i minuti più silenziosi, quelli in cui ricordi questi cinque mesi di caccia minuto per minuto. Essere cacciatore oggi, non significa portare a casa trofei, buste piene di selvaggina. La fauna è cambiata, così come è cambiata la natura intorno ad essa. Poche specie sono cacciabili al giorno d’oggi perché la terra mostra i suoi segni di sofferenza e il cacciatore, quello vero, quello che ascolta la natura e non la prevale, lo sa. Essere cacciatore è un modo di vivere la natura immergendosi nei suoi luoghi più impervi, meno praticati dall’uomo, per godere appieno dei suoni e dei profumi che essa emana; della poesia fra la sua nebbia, i suoi rami contorti e i ruscelli da fiaba. E’ rispettarla e godere anche dei suoi silenzi, in un mondo che ormai ci sa dare solo tanto e troppo rumore per niente.
Mariella Epifanio
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