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La festa del Rosario di Caria

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UN’ANTICA TRADIZIONE RITROVATA.

Venerdì 7 ottobre la comunità cariese ha reso omaggio alla Madonna del Rosario. Nella frazione di Drapia sono stati celebrati i festeggiamenti, quasi esclusivamente di carattere religioso, in onore della Vergine. Come vedremo nel prosieguo, ci sono tanti aspetti interessanti riconducibili a questa ricorrenza che ci permettono di ricostruire la storia del culto degli abitanti di Caria verso la Vergine Maria e, di conseguenza, la storia religiosa di questi luoghi.

Diciamo anzitutto che il programma religioso della festa del Rosario, curato dal parroco don Antonio Gennaro, ha raggiunto il culmine con la processione pomeridiana con la statua della Madonna portata a spalla dai fedeli, corteo accompagnato dal suono della banda. Mentre il programma civile, curato sempre dalla parrocchia, ha registrato lo svolgimento di spettacoli di intrattenimento per i bambini. E questo è tutto (o quasi) quel che riguarda la cronaca della giornata di festa. Passiamo ora, appunto, alla storia del culto. La festa della Madonna del Rosario è la prima festa che Caria ha dedicato alla Vergine Maria. Si celebrava solennemente la terza domenica di ottobre. Ma alla fine dell’ottocento venne introdotta a Caria la devozione verso la Madonna del Carmelo, circostanza che, praticamente, fece si che si sostituisse al culto della Vergine del Rosario quello verso la Vergine del Carmelo. Un cariese di nome Giuseppe Pugliese, di ritorno dall’America assieme ad alcuni compaesani, essendo l’imbarcazione sulla quale viaggiavano in preda ad una tempesta minacciosa, invocò la protezione della Madonna del Carmelo, la quale, si pensa, salvò l’equipaggio (quello che i cariesi chiamano “Il miracolo della tempesta”).  Giunti in paese, in segno di gratitudine per il miracolo ricevuto, i componenti dell’equipaggio, in particolare il Pugliese, si adoperarono per organizzare e realizzare delle forme di ringraziamento alla Madonna (specie la festa ancora oggi celebrata a metà luglio e l’edificazione della chiesetta che sorge all’entrata del paese). Da qui si spiega la solennità che pian piano venne riservata alla Madonna del Carmine a discapito di quella del Rosario. Anche se per parecchi anni Caria celebrò le due feste dedicate alla Madonna, col passare degli anni la festa del Rosario si alternò con la festa in onore di San Nicola per poi scomparire entrambe quest’ultime.

La festa di ottobre iniziò quindi ad essere celebrata in tono minore ma i cariesi, come dimostra la diffusione tra la popolazione del nome Rosaria (o meglio: Sarina), hanno sempre mantenuto questa Madonna nel cuore. L’ultima festa del Rosario che si ricorda venne celebrata nell’immediato secondo dopoguerra. Fu nel 2003 che venne ripristinata, grazie all’associazione culturale Compagnia Teatrale Cariese, sollecitata da don Giuseppe Furchì (parroco di Brattirò e di Gasponi scomparso il 6 marzo scorso, per circa un lustro pastore anche della comunità cariese). Dal 2003 ad oggi questa ricorrenza si è sempre svolta, e sempre con ampia partecipazione della popolazione. Una tradizione che, possiamo dire, ha ripreso a vivere. Un culto ritrovato. Ma il nostro racconto non finisce qui. Rimangono da riportare degli interessanti aneddoti, sempre riferiti alla festa del Rosario di Caria,  vicende tramandate dagli anziani del paese. Si racconta che, specie nei periodi in cui il paese è stato colpito o minacciato da calamità, gli abitanti portavano la statua in processione, cosa non inconsueta nella tradizione calabrese. Ma alcuni riferiscono di processioni anche in piena notte. Sempre anticamente, sempre per quanto riguarda il rapporto tra Caria e la Madonna del Rosario, la statua veniva portata nei pressi del burrone tra il paese e Spilinga, sito in cui sorgeva l’antico abitato inghiottito da una frana. E nelle celebrazioni recenti qualcosa è rimasto di questa ritualità. La statua, infatti, ancora oggi viene portata in una zona antica del paese e qui vengono intonati canti tradizionali e litanie, sia per invocare la protezione della Vergine che per ricordare l’esistenza del vecchio abitato.

 

MarioVallone, ottobre 2011

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